Roma, 7 dicembre 2012 – I troppi incagli sulla via dell’e-government. Il tasso di penetrazione della banda larga su rete fissa è del 22,8% della popolazione, piazzando il nostro Paese al 29° posto nel mondo. Secondo il Web Index della World Wide Web Foundation, che misura i riflessi di Internet sull’economia e sulla vita politica e sociale di 61 Paesi sviluppati e in via di sviluppo, l’Italia si piazza al 23° posto, il penultimo in Europa. Dal punto di vista dell’indicatore di impatto economico (ottenuto ponderando i dati sulla diffusione via Internet delle informazioni utili per le attività imprenditoriali, il livello di sviluppo dell’e-commerce e il grado di fiducia dei consumatori e delle imprese rispetto agli acquisti online) ci fermiamo al 38° posto, più vicini ai Paesi in via di sviluppo che ai Paesi avanzati. E per risalire posizioni rispetto all’indicatore di impatto politico (siamo al 29° posto) dobbiamo migliorare la partecipazione digitale ai processi decisionali e la presenza online di strumenti che facilitino il rapporto con il cittadino (la e-partecipation).
La rivoluzione possibile degli open data. Gli enti pubblici possiedono un patrimonio sterminato di informazioni la cui disponibilità in formato digitale è preziosa per gli utenti per la produzione di beni e servizi innovativi e come strumento di trasparenza e democrazia diretta. La Commissione europea ha stimato che il valore di mercato del riuso delle informazioni del settore pubblico è, per l’intera Ue, intorno ai 140 miliardi di euro all’anno. L’Italia è sulla buona strada: a ottobre 2012 erano a disposizione 3.647 dataset, con una forte crescita rispetto ai 1.987 disponibili a marzo.
Con la crisi, l’Italia si scopre diffidente verso l’Europa. Eravamo più europeisti quando gli altri erano prevalentemente euroscettici, oggi invece siamo più euroscettici degli altri europei. Nel 2009 il 54% degli italiani esprimeva fiducia nell’Ue, mentre la media europea si fermava al 50%. Nel 2012 la percentuale italiana è crollata al 22%, meno della media europea (31%). Avevamo pensato che con l’Europa ci si aprissero nuove frontiere di cittadinanza e invece ci siamo ritrovati a fare i conti con una burocrazia, magari meno bizantina della nostra, ma certo più distante e insensibile alle nostre peculiarità.
Le determinanti della spending review. Il documento per una revisione della spesa pubblica della Presidenza del Consiglio arriva a quantificare la spesa realmente aggredibile nel breve periodo. Considerando il volume complessivo della spesa pubblica pari a 793,5 miliardi di euro e scomputando tutte le voci che non sono comprimibili, si arriva a stimare un’area su cui sarebbe possibile intervenire in coerenza con gli obiettivi di riduzione-riorganizzazione-restringimento pari al 37% del valore complessivo, cioè 295 miliardi di euro. Se a tale cifra si applicano le considerazioni sulla concreta possibilità di intervenire e di ottenere risultati a breve, il valore si ferma al 25%, pari a circa 70 miliardi di euro.
7 Dicembre 2012