Roma, 12 maggio 2022 – I canali per la ricerca del personale domestico e il livello di soddisfazione delle famiglie. È il passaparola il metodo più utilizzato per la ricerca del personale domestico. A ricorrervi sono il 76,4% delle famiglie che hanno bisogno di una colf, il 70,8% nel caso delle badanti, il 61,6% per le baby sitter, a dimostrazione di come, nella ricerca del personale domestico, le famiglie tendano ad adottare una logica di prossimità, ricorrendo prevalentemente alla propria rete di conoscenze dirette e utilizzando meno i canali specializzati (agenzie per il lavoro, piattaforme online), percepiti come poco accessibili e più costosi. È quanto emerge dal report «Le famiglie fanno da sole: la carenza di intermediazione nei servizi domestici e nell’assistenza», il terzo elaborato nell’ambito del progetto «Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia» realizzato dal Censis per Assindatcolf (l’Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico). La rilevazione ha riguardato un campione di famiglie associate a Assindatcolf. Relativamente al livello di soddisfazione per il servizio reso dal collaboratore domestico assunto, nel caso delle colf l’82% delle famiglie ha trovato nel lavoratore una effettiva corrispondenza con le competenze richieste e l’area dell’insoddisfazione (che può portare anche alla decisione del licenziamento) si ferma al 18%. Nel caso delle badanti, il disallineamento tra attese e qualità professionali della persona impiegata riguarda invece un terzo delle famiglie: il 33,8%. Nel caso delle baby sitter, al 76,2% di famiglie soddisfatte si contrappone quasi un quarto di insoddisfatte. Il livello di soddisfazione è minore tra i datori di lavoro più giovani, under 55 anni. Tra questi, il 22,7% ha riscontrato un certo grado di inadeguatezza rispetto a quanto ci si aspettava dalla colf assunta e l’1,6% sta pensando di procedere alla sostituzione. Tra chi rientra in questa classe di età, nel caso delle badanti assunte gli insoddisfatti arrivano al 41%.
L’accesso agli strumenti di assistenza pubblica dedicati alla non autosufficienza. Ricorre agli strumenti di assistenza pubblica dedicati al sostegno delle famiglie e delle persone in condizioni di non autosufficienza poco meno della metà delle famiglie in cui sono presenti anziani bisognosi o persone non autosufficienti. Tra gli strumenti più utilizzati c’è l’indennità di accompagnamento (42,1%), mentre le altre tipologie restano tutte sotto la soglia del 10%. L’assistenza domiciliare integrata – un complesso di attività sanitarie e socio-assistenziali offerte a domicilio sulla base di un programma personalizzato, che si pone in alternativa al ricovero in ospedale e permette alle persone non autosufficienti di restare in famiglia – è stata indicata dall’8,2%. Solo il 3,9% accede all’assistenza domiciliare programmata, un servizio che il medico di medicina generale effettua presso il domicilio di un paziente. Tuttavia, per chi vi accede l’adeguatezza di questi strumenti di sostegno alla non autosufficienza risulta positiva soprattutto per quanto riguarda l’assistenza integrata e programmata: rispettivamente, il 76,7% e il 72,7%. È inferiore nel caso dell’indennità di accompagnamento: solo il 35,4% di chi vi ha accesso esprime una valutazione positiva.
Di cosa hanno bisogno le famiglie che vivono la non autosufficienza. Per far fronte alle loro esigenze, le famiglie vorrebbero un contributo economico che le metta nelle condizioni di impiegare un assistente familiare (36,3%) o, in alternativa, chiedono la possibilità di portare in deduzione fiscale il totale del costo sostenuto per il personale domestico impiegato (35,5%). Di contro, il 14% delle famiglie preferirebbe ricevere servizi personalizzati erogati da personale specializzato da parte della Asl, del Comune o di enti autorizzati e accreditati. L’11,5% vorrebbe un contributo economico pubblico senza vincoli di utilizzo e solo il 2,7% preferirebbe ricevere un contributo economico pubblico che vada a sostenere il reddito di un caregiver. Emerge la consapevolezza che una condizione complessa e delicata come quella della non autosufficienza può essere affrontata in modo adeguato solo attraverso una presa in carico della famiglia, alla quale però deve essere riconosciuto il ruolo sostitutivo svolto. In alternativa è necessario predisporre un servizio di assistenza accurato e competente, soprattutto nei casi in cui la famiglia non riesce a rispondere con le proprie forze e con le proprie risorse all’assistenza di cui ha bisogno un familiare che versa in gravi condizioni di salute.
«Il report elaborato dal Censis evidenzia alcuni aspetti rilevanti. In primis il domicilio, che risulta il posto migliore dove vivere in tutte le età della vita. Occorre però intervenire in modo urgente per rendere la domiciliarità più idonea alle vere necessità delle famiglie, che nell’arco della vita sono in continuo e rapido divenire», ha detto Andrea Zini, Presidente di Assindatcolf. «In secondo luogo, siamo convinti che con un sostegno economico diretto e mirato a contenere i costi del personale domestico si riuscirebbe non solo nell’intento di aiutare i datori di lavoro, come loro stessi chiedono, ma anche a rendere più attrattivo il settore, richiamando più personale e maggiormente qualificato. Quanto alla gestione della non autosufficienza, serve un sistema integrato di interventi, azioni e sostegni che permettano una vita di qualità. L’auspicio è che si possano compiere importanti passi in avanti con la legge sulla non autosufficienza, in particolare attraverso lo strumento dei Pai, che permetterebbero una fotografia nitida delle necessità degli anziani».
Questi sono i principali risultati del terzo report realizzato dal Censis per Assindatcolf, che è stato presentato oggi da Andrea Toma, responsabile dell’area Economia, Lavoro e Territorio del Censis, e discusso da Tiziano Treu, Presidente del Cnel, Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, Paola Mandarini, responsabile della sede di Roma di Assindatcolf, e Andrea Zini, Presidente di Assindatcolf.
12 Maggio 2022