Nuove infrastrutture, cosa buona per vivere meglio
Ponte di Genova e Tav, grandi catastrofi naturali e quotidiani micro-stress tra traffico intasato, trasporti locali inefficienti e infiniti conflitti intorno ai rifiuti urbani, ampliamento degli aeroporti, nuove stazioni ferroviarie o più ampi parcheggi e, ancora, biblici tempi di realizzazione di tante infrastrutture e costi che proliferano insieme al libro infinito delle micro e macro-corruzioni: tutto ciò porta troppo spesso il tema delle infrastrutture nella cronaca, piuttosto che nelle pagine dell’economia, dove dovrebbe essere celebrato come il motore imprescindibile dello sviluppo.
Cosa gli italiani pensano delle infrastrutture? L’89,3% ritiene strategico investire in nuove infrastrutture, dagli aeroporti alle autostrade, alla fibra ottica, agli ospedali, alle scuole, ai porti, ecc. Solo il 4,7% è contrario e il 6,0% non sa. L’opinione favorevole è maggioritaria ovunque (tab. 5).
Sono risultati che smentiscono la demonizzazione delle infrastrutture da parte degli italiani, fil rouge delle idee di decrescita e del ritorno a una natura incontaminata.
Per la cultura sociale collettiva degli italiani le infrastrutture sono una cosa buona, perché per il 54,3% creano nuovi posti di lavoro, per il 47,5% consentono di immettere soldi nell’economia per farla ripartire (retribuzioni dei lavoratori, indotto, ecc.), per il 43,8% migliorano la qualità della vita di persone e comunità, per il 26,1% innalzano la competitività delle imprese italiane (tab. 6).
Mettere in sicurezza il territorio, energie alternative e tutela del patrimonio artistico
Richiesti di indicare fino a tre progetti strategici su cui far confluire risorse pubbliche e private, il 50,7% degli italiani ha indicato la messa in sicurezza del territorio contro frane, inondazioni e terremoti, il 39,3% impianti per energie alternative che vadano a sostituire quelli tradizionali, il 33,2% la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale con programmi vasti di ristrutturazione di monumenti, chiese, opere d’arte, siti archeologici.
Ecco in cosa consiste il grande progetto infrastrutturale degli italiani. La sequenza si completa con ferrovie e treni locali (22,5%), strade e ferrovie per meglio collegare i territori dal Tirreno all’Adriatico, a completamento della direttrice nord-sud (22,0%), connessione internet veloce per tutti in Italia (20,8%), trasporti pubblici nelle città capoluogo (20,0%), potenziamento dei collegamenti stradali e ferroviari ai confini per facilitare le connessioni con gli altri Paesi (15,4%) (tab. 7).
Emergono prepotenti le criticità percepite dagli italiani sulla mancata manutenzione del territorio, sulla necessità di promuovere energie alternative, in linea con la nuova attenzione alla sostenibilità, e sul troppo parlare e troppo poco agire sul patrimonio artistico e culturale.
Più in generale, che le infrastrutture siano importanti per gli italiani è confermato dal fatto che l’83,8% ritiene giusto dare vantaggi fiscali ai privati che investono in infrastrutture.
Gli italiani e le difficoltà nel fare infrastrutture in Italia
Da troppo tempo di infrastrutture si parla non per i benefici che ne deriverebbero per le comunità, come accadeva per le autostrade nel “miracolo economico” o per gli aeroporti, ma per episodi di mala gestione, corruzione, scandali, ritardi, lungaggini, in generale per gli altissimi costi economici e sociali. Quali sono le opinioni degli italiani sulle difficoltà nel fare infrastrutture?
Per il 57,9% la causa risiede nella corruzione troppo radicata, per il 54,1% nell’eccesso di regole e in una burocrazia troppo lenta, per il 33,7% nell’insufficienza dei controlli sulle imprese che realizzano i lavori, per il 31,7% nell’assenza di consenso politico ampio sulle opere strategiche, cosicché ad ogni cambio di governo cambiano le priorità e le decisioni, per il 29,5% nei tempi lunghi e nella farraginosità delle decisioni, perché sono in troppi a dover decidere. Solo per il 14,1% pesa l’opposizione dei cittadini locali, cioè l’effetto Nimby (tab. 8).
Gli italiani sono pertanto convinti che un’opera infrastrutturale percepita come utile e benefica, con un consenso nazionale, se decisa e cantierata con tempi e costi appropriati, avrebbe la potenza per vincere ogni resistenza locale.
Cosa frena gli investimenti in infrastrutture
Anche tra i clienti private, come tra la popolazione italiana, si percepisce la diffidenza verso un settore considerato a rischio: la principale preoccupazione per gli eventuali investitori in infrastrutture è individuata nel ritardo o blocco definitivo della realizzazione dell’opera a lavori avviati, a pari merito con gli sprechi e le inefficienze nella realizzazione delle opere (indicate dal 30,9%); il 29,0%, inoltre, sottolinea il rischio di un mancato ritorno economico dell’investimento; il 27,4% l’eccesso di invadenza burocratica (tab. 9).
Tuttavia ben il 35,3% dei clienti private si dichiara possibilista, soprattutto per progetti orientati a criteri di responsabilità sociale e ambientale. Si prediligono, infatti (tab. 10):
- da un lato, infrastrutture per i servizi socio-sanitari e assistenziali o per istruzione e formazione (47,5%: ospedali, strutture sanitarie; 38,4%: scuole, università, luoghi di formazione; 30,6% strutture residenziali e semiresidenziali per anziani e non autosufficienti);
- dall’altro, gli investimenti in energie alternative, indicati dal 36,8%, che cavalcano l’onda crescente della sensibilità ambientale degli ultimi anni. Tale sensibilità diventa dominante tra i clienti private under 35, di cui ben il 75,0% punterebbe su questo filone.
Emerge dunque, tra i clienti private, una disponibilità significativa e non scontata, tanto più in quanto maturata in un contesto dominato da preoccupazione per il futuro, incertezza sulla direzione verso cui convergono società e economia e una scarsa fiducia di fondo nella governance del paese, tutti elementi che rappresentano oggettivamente un freno verso scelte di investimento di lungo periodo dedicate allo sviluppo della dotazione infrastrutturale del paese.
Si tratta di un terreno fertile da cui partire per cercare di ampliare il numero di clienti del Private Banking disponibili ad investire in infrastrutture, riconoscendo i freni ed affrontandoli sinergicamente fra i vari attori coinvolti.