L’esperienza digitale di massa innescata dall’emergenza pandemica ha mostrato ancora una volta la grande capacità di adattamento degli italiani, che, pur di non rinunciare alla quotidianità, hanno reagito al virus cimentandosi con le nuove tecnologie e con le attività a distanza, e apprezzandone anche il valore e gli effetti positivi.
Non appena è stato chiaro che l’emergenza sanitaria sarebbe durata, e che il digitale era necessario per condurre la nuova vita, è apparso evidente che occorrevano due requisiti fondamentali per accedere alla modernità:
- una connessione ad internet veloce ed efficiente, in grado di supportare un traffico di dati in aumento;
- una disponibilità di schermi adeguata per accompagnare la nuova quotidianità e garantire lo svolgimento di attività a distanza per tutti i componenti della famiglia.
Una volta capito quello di cui avevano bisogno, è partita la corsa alle dotazioni e alle connessioni che ha coinvolto la maggior parte degli italiani e ha determinato una crescita generalizzata degli schermi all’interno delle abitazioni e, di conseguenza, un aumento delle competenze digitali dei diversi componenti della famiglia.
Ma non per tutti è stato possibile adeguare dotazioni e prestazioni alle nuove necessità imposte dalla vita digitale: restano milioni di persone che vivono in zone che non hanno un collegamento in banda larga, o che dispongono di una connessione insufficiente a sostenere traffici di dati in aumento, o che non possiedono un numero di schermi adeguato, o che hanno difficoltà a utilizzare device, app, software da quelli più semplici a quelli più complessi, e che andrebbero supportate nell’ingresso nella normalità digitale da cui non si tornerà indietro.
1.1. L’impennata degli schermi nelle case degli italiani
Quando è stato chiaro che l’emergenza sanitaria non sarebbe finita e che il digitale era destinato a diventare parte integrante della quotidianità, gli italiani si sono guardati intorno, hanno capito quello di cui avevano bisogno, e sono partiti nella corsa per dotarsi delle apparecchiature ritenute più idonee per supportare le attività di lavoro, studio, loisir da svolgersi a distanza.
L’effetto della nuova quotidianità spostata sugli schermi dalla pandemia non ha tardato a farsi sentire, e negli ultimi due anni i device presenti nelle case degli italiani sono cresciuti come non era mai successo prima superando quota 119 milioni, con un aumento del 6,2% rispetto ai 112 milioni del 2019 (tab. 1).
Si tratta di un dato che si pone in controtendenza con l’andamento dei consumi negli altri settori e che non è paragonabile con quanto era accaduto negli anni scorsi. Negli ultimi due anni aumentano tutti gli schermi: piccoli, grandi, fissi, portatili.
I più numerosi, e in crescita costante, rimangono gli smartphone che sono 48 milioni e 700.000 (+8,9% dal 2019), e che continuano ad essere percepiti dagli italiani come device indispensabili e particolarmente flessibili per modalità di utilizzo.
Seguono gli apparecchi televisivi, che nel 2021 superano i 43 milioni (+1,0% dal 2019) per effetto dell’ormai prepotente presenza delle Smart Tv o dispositivi esterni collegati, che sono 15 milioni e 300.000 (+46,6% negli ultimi due anni), e che si pongono in sintonia con le nuove modalità di visione e di ascolto che si sono ormai pienamente affermate all’interno del corpo sociale e dello switch off reso necessario dal prossimo avvento del Digitale terrestre di seconda generazione.
In aumento anche quei device che sono diventati necessari per il buon vivere nella nuova quotidianità delle famiglie italiane. I personal computer collegati ad internet ‒ fissi e portatili ‒ sfiorano i 20 milioni, in crescita del 6,4% e di 1 milione e 191.000 in valore assoluto rispetto al 2019; anche i tablet, che sembravano essere vittima di una crisi inarrestabile, aumentano del 21,2% e sono 7 milioni e 700.000. Difficile stabilire se quella dei tablet sia una ripresa congiunturale o se sia invece un fenomeno strutturale e di lunga durata, visto che è stata la didattica a distanza ad eleggerli come strumenti ideali da mettere in mano ai bambini della scuola primaria e della secondaria di primo grado, perché economici, maneggevoli e di facile utilizzo.
Non solo i device sono tanti, ma sempre più schermi, fissi e mobili, coesistono all’interno di una stessa abitazione, con una media di 5 device per ogni famiglia italiana, contro i 4,6 del 2019.
Crescono gli schermi, e raggiungono numeri impensabili fino ad un anno fa, e aumentano le famiglie che hanno in casa almeno un tablet o un computer, che nel 2021 sono 15 milioni e 500.000, pari al 64,9% del totale, aumentate del 3,8% negli ultimi due anni: di queste, il 32,2% ha un solo device di questo tipo e il 32,7% ne ha più di uno (+17,3% rispetto al 2019) (tab. 2). Restano però 8 milioni e 400.000 nuclei famigliari, il 35,1% del totale, che in casa non hanno né un pc né un tablet.
1.2. Integrati se connessi
Aumentano gli schermi e aumentano le famiglie italiane che hanno in casa device che possono utilizzare per le diverse attività della vita a distanza.
Rimane però un pezzo importante di società che ha sicuramente difficoltà a sintonizzarsi con la nuova vita digitale, perché non ha a disposizione i dispositivi con cui è più comodo lavorare o studiare.
8 milioni e 414.000 famiglie italiane, pari al 35,1% del totale, non ha in casa né un pc né un tablet (tab. 3). Di queste, circa la metà è formata da nuclei composti solo da anziani ‒ tra i quali la quota di chi non possiede né computer né tablet sale al 65,8% del totale ‒, e 2 milioni e 431.000 sono anziani che vivono soli (tra i quali il 77,2% non ha né tablet né computer). Si tratta di tipologie familiari che sono certamente meno impegnate nella digital life della scuola o del lavoro, ma che comunque rischiano di rimanere completamente escluse dal passaggio al digitale che investe anche sfere quali quella delle relazioni amicali e parentali e quella del rapporto con i servizi della Sanità e della Pubblica Amministrazione che interessano anche i cittadini più avanti con l’età. Basti pensare alla possibilità di prenotazione on line di analisi e visite specialistiche o all’inoltro via e-mail di referti o ricette, o alla importanza di dotarsi di una identità digitale per usufruire dei servizi a distanza della Pubblica Amministrazione, o alla possibilità di effettuare a distanza operazioni bancarie.
Oltre alle famiglie composte di soli longevi, c’è da segnalare con preoccupazione la mancanza di dispositivi funzionali a svolgere comodamente le attività di studio e di lavoro a distanza in 4 milioni e 400.000 nuclei di altro tipo: 3.173.000 famiglie in cui c’è almeno un occupato (il 21,1% del totale) non hanno nemmeno un pc o un tablet, mentre sono 1 milione e 122.000 (il 14,3% del totale) le famiglie con almeno un bambino o uno studente che non hanno dotazioni idonee per seguire con comodità le attività di didattica a distanza.
Infine, non ha né un computer né un tablet il 32,5% dei nuclei giovani, composti di soli under 35enni.
È il livello socioeconomico di appartenenza[1] la discriminante che segna il digital divide degli schermi all’interno delle famiglie italiane, per cui si va da sette famiglie su dieci che non hanno né un pc né un tablet tra quelle di livello socio-economico basso, a tre su dieci tra quelle di livello medio, a una su dieci tra quelle di livello alto (tab. 4).
Attenzione: la presenza di device in grado di supportare al meglio le attività a distanza non è condizione sufficiente per entrare nella modernità. Per avere una vita digitale piena e soddisfacente è necessario anche (e forse ancor prima) disporre di una infrastrutturazione adeguata, assicurata da una buona connettività e dal collegamento ad internet su rete fissa, che garantisce la tenuta del sistema anche a fronte di un traffico dati significativo in entrata e in uscita.
Se fino al Covid-19 molti pensavano che la connessione su linea fissa fosse accessoria e totalmente sostituibile dalla connessione mobile, con il virus lo scenario è cambiato: sin dalle primissime fasi dell’emergenza sanitaria gli italiani si sono resi conto che la connessione fissa era più affidabile e che senza di essa sarebbe stato molto più difficile portare avanti le tante attività quotidiane che si erano spostate sugli schermi.
La rilevazione di base Auditel attesta che il 90,2% delle famiglie italiane, 21 milioni e 600 mila in valore assoluto, si può collegare ad internet, mentre 2 milioni e 300.000 famiglie, il 9,8% del totale (dato che sale al 27,9% tra chi appartiene ad una famiglia di livello socio-economico basso), non hanno il collegamento e sono sicuramente escluse dalla new normal digitale (tab. 5).
Ma ci sono anche 7 milioni e 200 mila famiglie, il 29,9% del totale, che pur possedendo il collegamento hanno solo la connessione mobile, e di queste circa 5 milioni si collegano, anche da casa, solo con lo smartphone.
Durante la pandemia crescono del 3,6% le famiglie collegate ad internet e si riducono del 16,5% quelle che si collegano solo attraverso smartphone. Non solo: negli ultimi due anni, di fronte alle necessità di collegamento determinate da un utilizzo più ampio e più intenso del web anche in simultanea da parte di diversi componenti della famiglia, le famiglie che hanno sia la connessione domestica che mobile sono cresciute del 6,2%.
Tutti dati che fotografano un percorso in progress verso la digitalizzazione, che però lascia ancora indietro milioni di famiglie italiane.
L’analisi della presenza e della tipologia del collegamento ad internet in base alle caratteristiche dei nuclei famigliari rivela che:
- a non possedere alcun collegamento ad internet e quindi ad essere completamente esclusi dalle possibilità offerte dalla vita digitale divenuta normale sono quasi esclusivamente i nuclei famigliari composti di soli anziani;
- diversamente, possiede solo la connessione mobile il 34,5% delle famiglie composte di soli giovani con meno di 35 anni, il 22,4% delle famiglie con almeno un under 35enne e il 22,0% delle famiglie al cui interno vive almeno un minore (tab. 6).
Considerando la centralità dell’abitazione nella nuova digital life imposta dal Covid, non si può non guardare con preoccupazione al fatto che il 27,0% delle famiglie che hanno tra i componenti almeno uno studente e/o un lavoratore si colleghino solo da linea mobile e i1 15,6% solo da smartphone.
Dato che molte delle attività della vita digitale che si sono avviate durante l’emergenza sanitaria si sono dimostrate utili e funzionali e sono destinate a permanere, il passaggio verso un utilizzo sempre più di massa della connessione ad internet e della linea fissa sembra essere ormai inevitabile per assicurarsi la qualità e il benessere della nuova vita digitale.
In verità, si tratta di un passaggio che non dipende solo dalla volontà dei cittadini, ma anche della effettiva disponibilità della banda larga sul territorio. Gli ultimi dati AGCOM certificano che è ancora lontano l’obiettivo della banda larga per tutti: secondo AGCOM nel 2020 il 69,7% delle famiglie italiane vive in zone da cui è possibile accedere alla banda larga, mentre i dati della Rilevazione di base Auditel testimoniano che il 59,8% delle famiglie italiane dispone effettivamente del collegamento a banda larga su rete fissa (tab.7). Anche in questo caso si tratta di un dato in crescita: nel 2019 erano il 55,0% del totale; e anche in questo caso la variabile socio economica è quella che divide di più la popolazione, per cui si va da un massimo dell’82,4% delle famiglie che si collocano in fascia alta o medio-alta che hanno la banda larga ad un minimo del 24,7% tra quelle che sono in fascia bassa, con il 40,5% tra quelle che sono in fascia medio-bassa e il 65,9% di chi si trova in fascia media.
Considerando che le famiglie che hanno i redditi più bassi sono quelle che più sono rimaste indietro, è assolutamente necessario promuovere un sistema di incentivazioni che permetta a tutti gli italiani, a prescindere dal livello socio economico di appartenenza, di collegarsi con la linea fissa e di avere le dotazioni tecnologiche che consentano loro di avere le stesse opportunità educative, professionali, di relazionalità del resto della popolazione.
Ma bonus e incentivazioni non sono sufficienti per fare ingresso nella vita digitale: occorre intraprendere azioni di sensibilizzazione e di diffusione della cultura e delle abilità digitali che impediscano al digitale di diventare motore di ulteriore distanziamento sociale.
[1] Il livello socioeconomico delle famiglie italiane - che rappresenta anche la loro capacità di spesa - è misurato da Auditel attraverso l’indicatore CSE 3.0 che considera contemporaneamente la dimensione sociale ed economica non solo della famiglia ma di tutti i componenti. Le variabili che entrano nel modello matematico alla base della costruzione dell’indicatore sono di tipo: territoriale (area geografica e ampiezza demografica del comune di residenza), familiare (numero di componenti, ciclo di vita della famiglia), individuale(età, genere, cittadinanza, titolo di studio, professione) e relative alle dotazioni di alcuni beni.