Le violenze di cui le donne troppo frequentemente sono vittima, fino al caso estremo del femminicidio rappresentano l’aspetto più drammatico e preoccupante della sopraffazione e della discriminazione di genere. Sono la conseguenza di pregiudizi e dell’incapacità da parte di alcuni uomini di adeguarsi all’evoluzione dei costumi e della morale e di considerare le donne come soggetti pienamente autonomi e liberi di scegliere come vivere.
Il ventaglio di luoghi, ambiti, modalità in cui si dipanano le disparità e le sopraffazioni è molto ampio e non è ovviamente esente l’ambiente familiare, che per ancora troppe donne invece di essere un luogo sicuro, diventa la sede di esercizio di piccole e grandi violenze, non solo fisiche ma più spesso psicologiche o economiche.
Dopo essere stato un reato sommerso, nascosto all’interno delle mura domestiche, sottovalutato e sottostimato, da alcuni anni di violenza di genere si parla, e sulla violenza di genere si interviene attraverso iniziative di prevenzione e sensibilizzazione, con una rete di servizi di assistenza e supporto alle vittime e, soprattutto, attraverso un sistema normativo. L’ultima legge in ordine di tempo è la legge del 19 luglio 2019, n.69, cosiddetta Codice Rosso, che introduce i reati di revenge porn, ovvero la diffusione non consentita di immagini o video sessualmente espliciti; la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il matrimonio forzato e la violazione del provvedimento di allontanamento da casa ovvero di avvicinamento ai luoghi frequentati della persona offesa. Ma la legge inasprisce anche le pene nei confronti di reati già esistenti e introduce una corsia preferenziale (il codice rosso), per accelerare i procedimenti penali relativi ai reati di genere e rendere più rapida l’adozione di eventuali provvedimenti di tutela.
Il 73,2% degli italiani è convinto che la violenza sulle donne sia un problema reale della nostra società, che evidenzia come in Italia sia ancora presente una forte disparità tra uomini e donne, mentre il 23,3% ritiene che sia un problema che riguarda solo una piccola minoranza, emarginata dal punto di vista economico e sociale. Solo il 3,5% della popolazione ritiene che non si tratti di un problema e che si tratti di casi isolati cui viene data un’eccessiva attenzione mediatica (tab. 5).
Queste opinioni sono trasversali alla popolazione, condivise da uomini e donne - anche se tra gli uomini è superiore la quota di chi ritiene che la violenza interessi solo una piccola minoranza disagiata - da individui delle diverse fasce di età e di differente derivazione sociale.
Che di problema reale si tratti lo confermano anche i dati sulla delittuosità, anche se non è facile comporre tutti i pezzi di un puzzle complesso, dove il sommerso e la mancata denuncia hanno sicuramente un peso determinante.
Alcuni dati tratti dalle statistiche sui reati, seppure non completi e riferiti ad anni diversi, possono contribuire a delineare le caratteristiche dei reati di cui sono vittima le donne. In primo luogo le statistiche della delittuosità rivelano che le donne costituiscono la maggior parte delle vittime di tutti i reati a sfondo sessuale, che nella maggior parte dei casi si configurano come veri e propri reati di genere: violenze sessuali, pornografia infantile, corruzione di minori, atti sessuali con minori, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, stalking.
Secondo i dati resi pubblici dal Viminale a metà agosto, nel periodo tra l’1 agosto 2018 e il 31 luglio 2019 in Italia ci sono stati 92 femminicidi, ovvero omicidi di donne maturati in ambito familiare ed affettivo, che rappresentano il 63,4% dei 145 omicidi di questo genere perpetrati nell’anno (tab. 6). Quello familiare dunque non sempre è per le donne un ambiente protetto e sicuro ma anzi può diventare il luogo in cui si dispiega la rabbia, la gelosia, la violenza di padri, mariti, partner, familiari e conoscenti. Nello stesso periodo intercorso tra il primo agosto 2018 e la fine di luglio 2019 le denunce di stalking sono state 12.733, e nel 76,0% dei casi hanno avuto come vittima una donna. Più datati, e relativi all’anno 2017, i dati sulle denunce per maltrattamenti contro familiari e conviventi, che in quell’anno sono state 15.626 e nell’80% dei casi hanno visto una donna come parte offesa. Infine, le violenze sessuali denunciate nel 2018 sono state 4.887, cresciute del 5,5% nell’ultimo anno e decisamente in aumento a partire dal 2015, quando le denunce di violenza sessuale hanno raggiunto il minimo dell’ultimo decennio, a quota 4.000.
Oggi le donne che vogliono avere aiuto possono usufruire di un sistema di tutela e di supporto di cui fanno parte operatori pubblici e del privato sociale e che fa capo ai Centri antiviolenza attivi su tutto il territorio. In base ad un’indagine realizzata da Istat e CNR nell’ambito del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, e relativa alla situazione al 31 dicembre 2017, sono complessivamente 338 i centri e i servizi specializzati nel sostegno alle donne vittime di violenza in Italia, ai quali si sono rivolte almeno una volta nell’anno 54.706 donne; di queste, il 59,6% ha poi iniziato un percorso di uscita dalla violenza.
Un ulteriore strumento di cui dispongono le donne e gli operatori che vogliono far emergere una situazione di soprusi e di violenza e avere assistenza è il numero verde di pubblica utilità 1522, un call center attivo 24 ore su 24 con un servizio multilingue cui ogni anno giungono migliaia di segnalazioni. Nel 2018 il numero verde ha ricevuto 24.537 chiamate valide, di queste il 40,3% (9.885 in valore assoluto) riguardavano segnalazioni di casi di violenza (1.481) o richieste di aiuto di vittime di violenza (7.431) o di stalking (973). Negli ultimi cinque anni le chiamate valide giunte al numero verde sono state 104.703, e di queste 43.936 riguardavano segnalazioni e richieste di aiuto per violenza e stalking.
Tutti dati che testimoniano la entità e la gravità di un fenomeno su cui occorre intervenire anche e principalmente sulla prevenzione e sulla cultura della popolazione, in primo luogo dei giovani.
Proprio a 1.000 giovani, contattati attraverso il social hub del progetto Respect nel corso di 20 eventi sportivi, è stato chiesto quale fosse la prima parola che collegavano alla violenza sulle donne. La figura che segue rappresenta quali sono state le risposte dei giovani, dando maggior risalto alle parole più ricorrenti, in una sorta di dizionario dello sdegno: schifo, ingiustizia, vergogna, violenza, ignoranza, rispetto, stupro, disgusto, cattiveria: le giovani generazioni sembrano essere compatte nel condannare la violenza di genere, senza “se” e senza “ma”.
Fig. 5 - Cosa evoca la violenza sulle donne tra i giovani?
Fonte: indagine Censis-Respect, 2019