Roma, 3 dicembre 2010 – Nuova dinamica dei consumi: fine di un ciclo o semplice pausa di riflessione? A partire dal secondo trimestre del 2008, la riduzione dei risparmi delle famiglie si è accompagnata a una sensibile contrazione dei consumi. Se nella maggioranza dei casi (il 51%) le famiglie si sono limitate a ridurre gli sprechi, non pochi (il 24%) sono coloro che si dichiarano costretti a rinunciare a prodotti o servizi giudicati essenziali. Nell’ultimo anno si sono messi in atto comportamenti più parsimoniosi, riducendo pranzi e cene fuori casa (il 60,4% delle famiglie), comprimendo le spese per lo svago (56,9%) e perfino modificando le abitudini alimentari (38,1%). È soprattutto per gli acquisti più impegnativi che si assiste a una tendenza a temporeggiare. Ciò ha portato alla fine del ciclo espansivo legato all’utilizzo degli strumenti di credito al consumo, che nel primo semestre del 2010 subiscono una contrazione in valore del 4,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si assiste a un calo del 2,4% nel numero di prestiti personali erogati, del 2,1% nei prestiti finalizzati all’acquisto di determinati beni e del 6,3% nelle operazioni di cessione del quinto dello stipendio. La tendenza trova conferma anche nell’ambito delle piccole spese, come quelle effettuate mediante le carte di credito. Rispetto agli inizi del 2009, l’importo complessivo delle operazioni ha subito una flessione del 3,7%. La percentuale di famiglie che utilizzano il credito al consumo si è ridotta dal 17,8% di inizio 2009 al 14,8% di inizio 2010, per poi aumentare leggermente nel corso dell’anno, attestandosi al 16,9%.
Deindustrializzazione competitiva per guardare oltre la crisi. Dall’inizio della crisi, l’Italia ha perso 574.000 occupati (giugno 2008-giugno 2010) e le imprese manifatturiere si sono ridotte di oltre 93.000 unità. La riduzione del valore aggiunto ha colpito tutti i comparti produttivi ad eccezione di quello dell’intermediazione immobiliare. Se in media la riduzione nel Paese è stata del 5,5%, si sono raggiunti a fine 2009 (rispetto all’anno precedente) livelli molto più preoccupanti nel manifatturiero (-14,5%) e nel commercio (-9,5%). Mentre oggi gran parte del terziario appare in recupero (i servizi alle imprese sono cresciuti del 2,2% nell’ultimo anno e le attività professionali del 3,1%), l’industria tradizionale (-1,9%), il comparto agricolo (-2,6%) e l’autotrasporto (-1,7%) continuano a registrare ancora nel 2010 un’emorragia di unità produttive. La fenomenologia emergente non è il declino del manifatturiero tradizionale, ma una più complessa deindustrializzazione competitiva, ovvero un riposizionamento dell’industria in cui il terziario gioca una parte rilevante. La crisi sembra avere accentuato la fase espansiva del terziario alle imprese, con comparti come quelli della consulenza, della logistica, della ricerca, dei servizi Ict in cui il numero di imprese ha registrato a metà del 2010 incrementi intorno al 5% rispetto all’anno precedente.
La metamorfosi dei terziari. Le dinamiche delle imprese e dell’occupazione tra il 2005 e il 2009 evidenziano il riposizionamento del settore terziario. Si registra una sostanziale stagnazione del commercio (le imprese crescono dell’1,4%, gli occupati dello 0,9%), dovuta alla forte contrazione del piccolo commercio al dettaglio. Nei trasporti e nella logistica è forte la contrazione nel numero delle imprese (-6,5%), mentre l’occupazione rimane pressoché invariata (+1%). Nel turismo (alberghi, ristoranti, agenzie di viaggio) crescono a ritmi sostenuti sia le imprese (+12%) che gli occupati (+10,2%). Nel terziario avanzato (servizi alle imprese e intermediazione finanziaria) aumenta rapidamente il numero di imprese (+17%), soprattutto nel comparto immobiliare, mentre è meno rapida, ma pur significativa, la crescita dell’occupazione (+7,8%). I servizi alla persona sono in forte espansione sia in termini di imprese (+8,7%), sia in termini di occupati (+18,4%).
L’inesauribile protagonismo dei distretti industriali. Nel primo trimestre del 2010 la flessione delle esportazioni dei distretti industriali è notevolmente rallentata (-0,9% in termini tendenziali), mentre nel secondo trimestre dell’anno si è finalmente registrato un incremento del 13,8%. Tutti i comparti distrettuali, dalla meccanica alla moda, dagli elettrodomestici ai prodotti per la casa e i prodotti in metallo, si sono riportati su terreno positivo. Un segnale incoraggiante, dopo un lungo periodo di arretramento sui mercati esteri. Se nei mercati di sbocco tradizionali, quali l’Europa e il Nord America, ancora agli inizi del 2010 si registra un sostanziale arretramento (nei primi tre mesi dell’anno le esportazioni distrettuali in Germania si sono ridotte del 2%, in Francia dell’1,7%, negli Stati Uniti dell’1,1%), in Cina le esportazioni sono aumentate di quasi il 22%, ad Hong Kong del 28,8%, in India del 51,8% e negli Emirati Arabi Uniti del 15,8%. La Cina è balzata al settimo posto come area di esportazione dei distretti industriali italiani.
Logistica intermodale per far crescere il Paese. L’Italia è uno dei Paesi europei in cui negli anni pre-crisi il trasporto di merci su rotaia è aumentato maggiormente, con una crescita media annua nel periodo 2004-2008 del 3,5%, inferiore soltanto a quella di Germania e Austria. I traffici intermodali raggiungono un’incidenza sul trasporto ferroviario complessivo pari al 45,1% (la più alta d’Europa), grazie a una rete di strutture interportuali e di terminal intermodali in espansione. Tuttavia, a causa dei mancati investimenti a favore dello sviluppo dei traffici intermodali nei porti italiani, l’Italia è anche il Paese europeo che è riuscito a intercettare di meno l’importante incremento del traffico di container verificatosi tra il 2004 e il 2008. Se la crescita nel nostro Paese fosse stata paragonabile a quella media dell’Europa occidentale (+36%), nel 2008 i porti italiani avrebbero movimentato 2,4 milioni di unità di carico in più rispetto a quante ne sono state effettivamente trasportate. Ciò ha portato a una perdita in termini di fatturato compresa tra 700 milioni di euro (nel caso in cui i container fossero soltanto in transito) e 5,5 miliardi di euro (nel caso in cui i container fossero anche «lavorati» in Italia), e a una mancata occupazione compresa tra 11.000 e 99.000 unità.
Per una nuova politica di sostegno alle imprese e ai localismi. Tra il 2000 e il 2008 le agevolazioni alle imprese concesse dallo Stato e dalle amministrazioni regionali hanno superato gli 88 miliardi di euro, con una spesa media annua di 11 miliardi di euro. Forti le difformità tra il Centro-Nord e il Sud in merito alla tipologia di agevolazioni concesse. Nelle regioni meridionali il 23% dei finanziamenti pubblici è destinato ad attività di innovazione, ricerca industriale e trasferimento tecnologico, mentre nel Centro-Nord si arriva al 57%, a cui si aggiunge il 12% di incentivi per l’export e l’internazionalizzazione.
3 Dicembre 2010