Roma, 3 dicembre 2010 – L’apnea della finanza pubblica. Il Pil potrebbe aumentare quest’anno dell’1,2%, riportando il rapporto debito pubblico/Pil intorno al 115% nel 2013 (dopo un picco, atteso per il 2011, del 119,2%), con un ammontare del debito che sfiorerebbe i 2.000 miliardi di euro. Non sarà soddisfatta l’attesa per una riduzione della pressione fiscale, la quale si manterrà costantemente al di sopra della soglia del 42%. I principali interventi del Governo dovranno portare: a una riduzione del costo della Pubblica Amministrazione per un valore di oltre 6 miliardi di euro; a una riduzione dei costi politici e amministrativi per 181 milioni di euro nel 2010 e 39 milioni nel 2013; al contrasto all’evasione fiscale e contributiva, dal quale ci si attende un forte recupero soprattutto a partire dal 2011, con un importo complessivo superiore ai 21 miliardi di euro.
La Pubblica Amministrazione possibile volano per l’innovazione. Il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione ha deciso di puntare su tre aree prioritarie: scuola, sanità e giustizia; nonché su tre obiettivi settoriali: sistema pubblico di connettività, rapporti tra Pa e cittadino e dematerializzazione. Su scuola e università il processo è avviato: al 31 luglio le scuole connesse in rete risultavano 4.000 (il 12,2% delle scuole presenti in Italia) e da un anno è attivo il portale «ScuolaMia» che offre servizi alle famiglie: dalla pagella digitale alla segnalazione delle assenze, fino al registro elettronico e ai certificati on line. Il Fascicolo sanitario elettronico si prospetta come una innovazione epocale. Secondo il piano, la storia clinica di ogni cittadino sarà disponibile in formato digitale e in rete con il Sistema sanitario nazionale. Sul versante della dematerializzazione, un ruolo centrale è svolto dalla casella di posta elettronica certificata (Pec). Più di 267.000 cittadini hanno richiesto una casella, ma non tutte le amministrazioni pubbliche ne sono provviste. A luglio di quest’anno le imprese dotate di Pec ammontavano a poco più di 400.000 (circa il 10% delle imprese italiane) e la possedevano circa un milione di professionisti, praticamente la metà degli iscritti agli Ordini. Nei rapporti tra cittadino-utente e Pa è stata avviata l’iniziativa «Mettiamoci la faccia», che dà la possibilità di esprimere un giudizio sulla qualità dei servizi ricevuti attraverso l’uso di interfacce emozionali (emoticons). A settembre 2010 si conta l’adesione di 230 amministrazioni tra centrali, locali ed enti di previdenza, con 1.429 sportelli sparsi sul territorio e più di 4 milioni di giudizi (lusinghieri in oltre il 90% dei casi) espressi dagli utenti in merito alla qualità dei servizi ricevuti.
Le università spingono la R&S anche a favore delle imprese. L’importo dei fondi per la ricerca delle università è in crescita costante (+69,6% negli anni 2004-2008) e sempre meno dipendente dai fondi pubblici. L’incidenza dei contratti di ricerca e consulenza (R&C) e dei servizi tecnici finanziati da terzi è cresciuta progressivamente, fino a diventare la quota più rilevante (27,4%), dopo aver superato il peso dei fondi provenienti dal governo centrale (23,8%). Dal 2000 a oggi si è quintuplicato il numero delle imprese spin-off gemmate dalle università (806 nel 2009): circa l’80% è localizzato nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale.
L’europeismo fideistico degli italiani. Nel 1999 l’appartenenza all’Unione europea era vista con favore dal 60% degli italiani, dieci anni dopo la percentuale è scesa al 49%. Siamo dunque passati da un euroentusiasmo a un euroscetticismo? Quello che alimenta il nostro europeismo è un’idea quasi messianica: solo l’Europa ci può salvare. Anche se confessiamo la nostra ignoranza (non sappiamo bene cosa sia e come funzioni l’Europa) e la nostra distanza dalle istituzioni europee, continuiamo a fidarci più di queste ultime che di quelle nazionali.
3 Dicembre 2010