Comunicati Stampa

Il capitolo «Territorio e reti» del 51° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2017

Roma, 1 dicembre 2017 – Turismo di massa nelle città d’arte: il boom dei flussi e l’erosione di abitabilità dei quartieri storici. Dal 2010 al 2016 le presenze turistiche sono aumentate a Firenze del 24,6%, a Venezia del 23,4%, a Roma del 30,6%. Già nel 2015 Roma ha superato i 34 milioni di presenze, Venezia i 10 milioni, Firenze i 9 milioni, numeri che nel 2016 hanno registrato un ulteriore incremento e anche il 2017 si stima sia un anno di crescita. I dati sono riferiti al sistema ricettivo del solo comune capoluogo. Considerando l’intera area vasta a Roma si superano i 41 milioni di presenze, a Venezia i 34 milioni, a Firenze i 14 milioni. Protagonisti di questo boom sono i turisti stranieri: rappresentano il 63% delle presenze a Roma, il 74% a Firenze, l’85% a Venezia. Sono anche il segmento che cresce di più: nella capitale tra il 2010 e il 2016 le presenze internazionali sono aumentate del 34,9%, a Venezia del 27,2% e a Firenze del 23,4%. Rilevante è anche la crescita del numero di visitatori di alcuni siti culturali. Il Pantheon, finora ad accesso gratuito, nel 2016 ha avuto quasi 8 milioni di visitatori. Il Colosseo, che per ingressi eguaglia il British Museum di Londra, e i Musei Vaticani hanno superato la soglia dei 6 milioni di visitatori, gli Uffizi i 2 milioni. È evidente che numeri di questo tipo impongono una riflessione sul cosiddetto overtourism. A Venezia il centro storico oggi ha appena 56.000 abitanti, poco più del 20% della popolazione comunale, solo sessant’anni fa (nel 1956) i residenti nel centro erano oltre 160.000, la metà della popolazione veneziana totale, ma già nel 1986 il loro numero si era dimezzato, riducendosi a 84.000 unità.

Città e aeroporto: il ruolo decisivo dell’intermodalità. L’aeroporto è una infrastruttura decisiva per l’accessibilità esterna di un territorio, e quindi per la sua competitività economica. Ma nella maggior parte degli aeroporti del nostro Paese è assente un collegamento su ferro con la città e vince quindi, ancora una volta, il trasporto su gomma. Tra le eccezioni vi sono i due scali principali, Roma Fiumicino e Milano Malpensa. Per questo ora sono in corso di progettazione e/o realizzazione diversi altri interventi significativi a Milano (linea 4 della metropolitana), Torino (interconnessione in sotterranea della linea ferroviaria Torino-Ceres al passante di Torino), Venezia (nuovo tracciato ferroviario tra l’aeroporto di Tessera, Mestre e Trieste), Bologna (in costruzione il people mover tra la stazione ferroviaria centrale e l’aeroporto Guglielmo Marconi), Firenze (linea 2 del tram), Napoli (linea 1 della metropolitana).

Abitare la città da immigrati: tra precarietà abitativa e voglia di radicamento. Nel territorio delle due città metropolitane di Roma e Milano risiedono circa 990.000 stranieri, poco meno di un quinto del totale nazionale (il 19,7%). Se si considerano le prime 6 province per presenza straniera (Roma, Milano, Torino, Brescia, Firenze e Napoli) si arriva ad un terzo del totale. Bologna il numero di residenti stranieri tra il 2012 e il 2017 è cresciuto del 35%, mentre quello degli italiani dello 0,5%. A Napoli addirittura i residenti italiani diminuiscono dell’1,6%, gli stranieri aumentano del 77%. Negli ultimi cinque anni la presenza dei residenti stranieri è aumentata più nei capoluoghi che negli hinterland. Con la sola eccezione di Genova e Napoli, è nei primi che si registra una incidenza della presenza straniera maggiore: a Milano e Brescia siamo al 19%, a Torino, Bologna e Firenze al 15%, a Verona, Venezia e Roma intorno al 13%. Quello appannaggio degli stranieri è però ancora un mercato immobiliare povero, fatto all’inizio di stanze e poi, col tempo, di microcase, dove il fattore prezzo costituisce l’elemento centrale: 300-400 euro per una stanza, 700-900 euro per un alloggio sono i parametri ricorrenti a Roma.

La sfida della riconversione green degli asset energetici dismessi. Oggi sono attive in Italia 11 raffinerie (meno di un terzo di quelle attive nel 1970), dal 2010 ne sono state chiuse 5 e la capacità di lavorazione è passata da quasi 107 milioni di tonnellate a poco più di 87. In questo contesto va segnalata per innovatività e impatto l’esperienza in corso a Venezia e Gela per la riconversione di impianti di raffinazione in dismissione in impianti green. Si tratta di reinvestire e dare nuova vita in un’ottica low carbon a impianti non più economicamente sostenibili, con un forte investimento in tecnologie e competenze. 

Rilanciare l’allevamento bovino in Italia. Sul finire degli anni ’60 le stalle italiane ospitavano 10 milioni di bovini, oggi sono meno di 6 milioni. Per quanto concerne la riduzione dei capi da carne, assume un rilievo particolare la diminuzione dei consumi di carne bovina che, dopo il picco dei primi anni ’90 (circa 27 kg pro-capite/anno di consumo apparente, ossia comprensivo degli scarti della carcassa, e 15 di consumo reale) è sceso fino agli attuali 19,2 kg pro-capite di consumo apparente e 11 kg di consumo reale. Nella sostanza, gli italiani consumano l’equivalente di 1 bistecca a testa a settimana, un consumo di gran lunga inferiore alla quantità massima raccomandata da chi si occupa delle analisi sul corretto equilibrio alimentare. La fase di allevamento ancora oggi vale circa 2,9 miliardi di euro di valore della produzione (corrispondente al 5,9% del valore generato nel settore agricolo), con circa 80.000 addetti impegnati. Ancora maggior rilievo è attribuibile alle fase industriale a valle della filiera dell’allevamento: circa 5,9 miliardi di euro di fatturato, corrispondente al 4,2% dell’industria alimentare italiana. Ma bisogna aumentare il tasso di auto-approvvigionamento di carne (attualmente intorno al 55%) riducendo così la vulnerabilità alle variazioni di prezzo dall’estero.

Quali territori per le nuove Camere di commercio? Il processo di riforma del sistema delle Camere di commercio non può essere visto come un insieme di semplici accorpamenti di sedi, che da 105 passano a 60. Deve contribuire alla piena valorizzazione delle potenzialità dei diversi cluster geoeconomici. Delle 60 ricomposizioni territoriali, 5 sono regionali e raccolgono tutte le provincie di una singola regione (Valle d’Aosta, Umbria, Molise, Basilicata e Marche), 29 sono quelle che risultanti dall’aggregazione di più provincie di cui 5 esprimono anche una specifica e significativa identità metropolitana (Lodi-Milano-Monza-Brianza, Venezia-Rovigo, Palermo-Enna, Cagliari-Oristano), 15 sono composte da un’unica provincia in gran parte a forte vocazione imprenditoriale, vi sono poi altri 11 territori mono-provinciali che corrispondono ad altrettante aree metropolitane.

La migrazione digitale dei servizi pubblici tra problemi dell’offerta e perplessità della domanda. Il 52,1% degli italiani ritiene che la Pubblica Amministrazione abbia problemi importanti nel suo funzionamento e quindi ne giudica l’operato in maniera negativa. Un ulteriore 18% ritiene che il funzionamento sia addirittura pessimo. Il 24% ritiene accettabile l’operato della Pa, mentre si dichiara soddisfatta soltanto una quota residuale, pari a poco meno del 6% del totale. È pari al 44,6% la quota di italiani che affermano di non aver fatto ricorso ai servizi online offerti dalla Pa perché preferiscono il rapporto diretto con l’operatore allo sportello (i tradizionalisti). Molto simile anche la quota di chi viene di fatto escluso dalla possibilità di utilizzare i servizi online ed è quindi obbligato a rivolgersi ai servizi fisici (gli esclusi) (40,4%).

 

1 Dicembre 2017