Roma, 5 dicembre 2008 – Consumi, mutui e indebitamento: dentro e oltre la crisi delle famiglie. Nel 2008 i consumi hanno subito una flessione in termini reali, diminuendo dello 0,2% e dello 0,6% rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre. Non sorprende che il 44,7% delle famiglie (era il 27% nel 2007) sia pessimista per l’immediato futuro, mentre il 17,4% è incerto e disorientato. Il 76% dei consumatori ha acquistato prodotti di marca commerciale, il 54,3% ne ha intensificato l’acquisto negli ultimi tempi, il 72% ricorre a prodotti in offerta speciale. Altri comportamenti sono espressione di un adattamento rapido ai tempi di crisi: il 53% si reca presso i mercati rionali per l’acquisto di prodotti alimentari, il 48,8% va all’hard discount. Il livello di indebitamento delle famiglie è aumentato negli ultimi tre anni, attestandosi attualmente al 48,5% del reddito disponibile (nel 2004 si era poco al di sotto del 40%), rimanendo comunque a livelli più bassi della media dei Paesi dell’area dell’euro (in Francia, Spagna e Regno Unito le passività finanziarie delle famiglie superano il valore del reddito disponibile). Quasi il 60% delle famiglie con mutuo (oltre 2,8 milioni) non ha difficoltà nel pagamento delle rate, il 29,1% (circa 838.000) ha qualche difficoltà ma senza rischi di insolvenza, il 9,7% (circa 279.000) ha notevoli difficoltà, mentre il 2,8% (circa 81.000 famiglie) non riesce a rispettare le scadenze.
Le nuove forme dell’internazionalizzazione. L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di Pmi esportatrici. Sono circa 200.000 (5.800 quelle che hanno avviato direttamente attività economiche all’estero) e nel 2007 hanno esportato beni e servizi per 448 miliardi di euro, pari a più del 21% dell’export totale e al 29,2% del Pil. Si tratta soprattutto di prodotti manifatturieri (l’80%, 359 miliardi di euro). Le macchine industriali e gli apparecchi meccanici valgono da soli un quinto dell’intero commercio nazionale di beni oltre confine. Nei settori del made in Italy l’Italia detiene ancora una quota significativa del commercio mondiale: il 13,6% nelle calzature e prodotti in cuoio, il 12% nei prodotti in pelle, l’11,1% nei mobili, il 7,1% nei prodotti tessili, il 6,1% nell’abbigliamento, il 5,4% nella gioielleria e nell’oreficeria, il 38% nelle piastrelle in ceramica, il 19% nelle pietre da taglio e da costruzione.
L’innovazione multiforme per affrontare le crisi del mercato. Tra il 2000 e il 2007 sono state concesse agevolazioni alle imprese con risorse nazionali e regionali per 70,7 miliardi di euro, dei quali 17,4 miliardi (il 24,7% degli incentivi) per attività di ricerca e sviluppo tecnologico e 38,7 miliardi (54,9%) per il rinnovo di macchinari, attrezzature e immobili. Gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle imprese mostrano però un cronico ritardo dell’Italia rispetto agli altri Paesi industrializzati: lo 0,5% del Pil, meno che in Germania (1,8%), Francia (1,3%), Regno Unito (1,1%), mentre in Svezia e Finlandia si è ben al di sopra del 2%. Tuttavia una minoranza vitale di aziende ha attivato un percorso di innovazione basato sul miglioramento della struttura organizzativa e delle prassi gestionali, in particolare di quelle commerciali e distributive. Una indagine Censis su un campione di aziende manifatturiere con meno di 20 addetti rileva l’orientamento del 28,7% delle imprese a innovare attraverso l’ampliamento della gamma dei prodotti e del 24,7% attraverso il miglioramento della funzione logistica. Un’altra indagine Censis su un campione di aziende manifatturiere e di logistica con più di 20 addetti rivela che il 56,2% delle imprese investirà nel potenziamento della funzione commerciale, il 48,3% nell’ampliamento della gamma dei prodotti, il 43% nel miglioramento della funzione finanziaria.
I sentieri dell’innovazione nel sistema agricolo italiano. In Italia esistono circa 1,7 milioni di aziende agricole, di cui soltanto il 32,5% supera la soglia dei 10.000 euro di fatturato. Si tratta di 550.000 imprese che da sole realizzano il 91,5% della produzione e il 92,7% del fatturato del comparto. Secondo una indagine Censis su un campione di imprese agricole, il 66% sperimenta nuove tecniche colturali, il 23% punta alla diversificazione delle varietà, l’11% incrementa le superfici coltivabili. Le aziende gestiscono queste operazioni autonomamente (41%) o attraverso consorzi e cooperative (25%), il 21% cede il prodotto a industrie di trasformazione. Ad esportare è il 40,7%. Il 73% opera attraverso un marchio proprio, aziendale o consortile. Le aziende della filiera dei prodotti di qualità Dop e Igp sono 75.448, aumentate di 12.909 unità tra il 2006 e il 2007 (+20,6%).
L’imprenditorialità emergente dei migranti. Gli stranieri titolari d’impresa sono 290 mila, pari al 19,2% degli occupati di nazionalità estera (in pratica, un lavoratore migrante ogni 5 svolge un’attività autonoma) e all’8,4% di tutte le imprese attive. I comparti prevalenti sono commercio (38,4%) e costruzioni (31%, con un incremento del 128% tra il 2003 e il 2007). Tra il 2006 e il 2007 il numero di imprese con titolare straniero è cresciuto del 10,2% e l’incremento complessivo nel periodo 2003-2007 è stato del 65,5%. Ma permangono alcuni ostacoli allo sviluppo di élite imprenditoriali straniere capaci di collocarsi su segmenti di alto livello, come la scarsa dimestichezza con gli strumenti finanziari e creditizi italiani. Circa il 30% degli imprenditori stranieri non ha rapporti con le banche (il 52% nel commercio), soltanto il 15% investe con continuità, il 27% lo fa solo occasionalmente, solo il 6% ha rapporti con due o più banche. Ma sono meno dell’8% gli imprenditori stranieri (5% tra quelli italiani) che incorrono in situazioni di sofferenza, con 6 o più rate scadute e non pagate.
La rete degli interporti per una logistica efficiente. Dei 29 interporti previsti, 18 sono attivi, 6 sono in fase di completamento e 5 rimangono ancora ad uno stadio di progettazione. La rete nazionale degli interporti attiva 1,6 miliardi di euro di valore aggiunto, con 1.021 aziende insediate (soprattutto operatori della logistica), più di 19.500 addetti e un indotto stimato in oltre 20.000 posti di lavoro. Tra il 2005 e il 2007 le tonnellate di merci trattate hanno avuto in ogni struttura incrementi a due cifre percentuali, superando in molti casi il 20%. Nel 2006, con un sistema interportuale solo parzialmente operativo, è stato possibile trasferire da strada a rotaia un totale di 22 milioni di tonnellate di merci. Si stima, pertanto, che il sistema interportuale consenta un risparmio per la collettività superiore a 100 milioni di euro all’anno.
5 Dicembre 2008