Nella ricostruzione del vissuto “quotidiano” delle famiglie che hanno partecipato alla rilevazione un punto centrale è dato dalla verifica dell’impegno che le stesse destinano alle attività svolte all’interno della propria casa, sia come lavoro domestico, sia come attività di cura, supporto e assistenza nei confronti di altri componenti della famiglia.
L’individuazione di questo spazio d’impegno è propedeutico alla definizione del potenziale di domanda che potrà essere risolto in parte direttamente e con propri mezzi e in parte attraverso la richiesta di servizi esterni, chiamando alla collaborazione altre persone di supporto con prestazioni specifiche.
Nella definizione del potenziale di domanda, la composizione familiare e l’età rappresentano due filtri importanti per tracciare in maniera più dettagliata i bisogni esistenti o emergenti all’interno delle famiglie.
Poiché i servizi richiesti sono in maniera dominante rivolti a tre figure professionali prevalenti - colf, badanti e baby sitter - i bisogni espressi dalle famiglie riguarderanno:
- la prestazione di baby sitter nel caso di famiglie più giovani e con figli minorenni;
- la prestazione di badanti in presenza di componenti anziani o non autosufficienti;
- la prestazione di colf, che si presenta con caratteri più trasversali, dove l’età dei componenti delle famiglie resta importante, ma subentrano anche altri aspetti come la possibilità di svolgere l’attività lavorativa delegando ad altri, in tutto o in parte, la cura della casa, o come l’esigenza di integrare il proprio impegno nelle attività domestiche con un supporto utile o indispensabile soprattutto per quelle attività ritenute più faticose.
Alla rilevazione hanno partecipato in larga maggioranza le donne, con una quota sul totale dei rispondenti pari al 70,1% (tab. 1)
Il campione Assindatcolf è costituito da un insieme di famiglie che per il 47,5% è rappresentato da coppie con figli, per il 22,7% da coppie senza figli e per l’8,5% da chi rientra nella tipologia in cui è presente un solo genitore con figli (tab. 2).
Le persone sole sul totale sono in un rapporto di 2 a 10, poco più di un quinto del campione. In base all’età, chi ha risposto alla rilevazione appartiene per il 20,6% alla classe “fino a 50 anni”, per il 29,4% alla classe con un’età compresa fra i 51 e i 60 anni e per il 30,2% alla classe con un’età compresa fra i 61 e i 75 anni. Circa un quinto del campione è over 75 (tab. 3).
La rappresentazione del campione in base a questi due elementi – età e tipologia della famiglia – porta a individuare un’incidenza maggiore delle persone sole fra chi ha un’età superiore a 75 anni (57,0%), mentre le coppie con figli presentano una prevalenza fra le persone con età fino a 50 anni (81,7%) o fino a 60 anni (61,2%, tab. 4). Inoltre, su 100 famiglie che hanno partecipato alla rilevazione, in 17 sono presenti persone non autosufficienti, mentre in 21 vivono bambini o ragazzi con un’età inferiore ai 14 anni, condizioni che possono richiedere maggiore impegno all’interno della famiglia (tab. 5).
In sostanza, la situazione con cui si confrontano le famiglie nel quotidiano è una realtà in cui l’età, la presenza o meno di altri familiari, la persistenza di fattori di fragilità come la malattia o la vecchiaia o anche la stessa cura che occorre dedicare ai minori, determinano la cosiddetta “frontiera mobile” della domanda di servizi per la famiglia e le sue caratteristiche. Un primo elemento che si correla alla domanda è dato dal maggior peso che incombe sulla componente femminile nello svolgimento dell’attività domestica. Nel confronto fra uomini e donne, l’86,4% di quest’ultime dichiara di essere impegnata in attività in ambito familiare, contro il 74,1% degli uomini, un dato quest’ultimo che comunque riflette un’ampia partecipazione dell’universo maschile alle attività che riguardano la casa e la famiglia (tab. 6).Ma se si guarda al numero di ore di impegno effettivo, il 23,9% delle donne del campione afferma di svolgere attività domestica e familiare per più di 24 ore alla settimana. La quota degli uomini in questo caso si ferma all’11,5%.
Un secondo elemento che influenza la domanda potenziale di servizi è poi dato dalla dimensione del lavoro “fuori casa”. Nel campione esaminato, il 57,8% degli uomini e il 58,7% delle donne risulta impegnato in attività lavorative. Se si considera il numero di ore lavorate, circa il 28% degli uomini supera la soglia delle 40 ore alla settimana, mentre per le donne la percentuale di quelle più impegnate raggiunge il 17,4% (tab. 7).Si conferma, in sostanza, anche nel campione Assindatcolf, una diversa distribuzione del carico lavorativo a casa e fuori casa rispetto al genere: le donne nei fatti pagano una maggiore presenza in famiglia con una minore possibilità di veder riconosciuto il proprio ruolo in una attività remunerativa lontano dalle pareti di casa.
Contemporaneamente, l’indagine afferma come l’impegno nelle attività di casa rimanga elevato pure fra chi ha un’età avanzata. Il 56,9% di chi ha più di 75 anni dichiara di svolgere attività domestiche e familiari, dato questo che sale all’83,6% nella classe d’età 61-75 anni (tab. 8). Fra la parte più giovane del campione (fino a 50 anni), la quota di chi svolge attività domestiche e familiari tende a coprire quasi la totalità dei rispondenti presenti in questa classe (94,5%). Da ciò discende un profilo dell’impegno nelle attività di casa che potrebbe essere definito, particolarmente per le donne, come un “lifelong working”, un lavoro che solo l’insorgere di problemi di non autosufficienza tende a limitare e a ridurre e che, molto spesso, viene integrato da personale domestico solo in condizioni di chiara necessità.
Dal campione emerge poi una quota dell’11,4% che non è impegnata né in attività familiari, né in attività lavorative: a questi si contrappone una percentuale di individui che, al contrario, lavorano intensamente nell’arco della settimana, dedicandosi al contempo alle faccende domestiche e alla cura della famiglia. Se si sommano le persone che lavorano più di 33 ore alla settimana e sono impegnate per almeno 15 ore per la famiglia, si individua una quota del 17% del campione che può essere definita come la componente esposta a sovraccarico di lavoro, e che per certi versi può rappresentare la parte con più elevato bisogno di supporto di servizi per la famiglia (tab. 9).
Rispetto alla “qualità” dell’impegno, e in coerenza con una minore esposizione degli uomini alle attività domestiche e familiari, la fatica nello svolgimento di queste attività è percepita in maniera più evidente dalle donne, per le quali il lavoro in casa è “molto faticoso” per 10 donne su 100 e “abbastanza faticoso” per 62 donne su 100 (fig. 1). Di contro, il 48,7% degli uomini considera le attività in casa “per nulla faticose”, il 47,8% “abbastanza faticose” e il 3,6% “molto faticose”. Il giudizio sulle attività lavorative appare tendenzialmente più allineato: per gli uomini il lavoro fuori casa è “abbastanza faticoso” in maniera prevalente (57,2%) e per il 16,7% “molto faticoso”; il 26,1% non considera invece faticoso il proprio lavoro (fig. 2). Per le donne si contano quasi otto punti in più, rispetto agli uomini, fra chi considera abbastanza faticoso il lavoro (65,1%); per contro, sono quasi nove i punti in meno fra chi esprime il giudizio “per nulla faticoso” (17,3%). Se si osserva il dato per classi d’età, sono le persone fino a 50 anni a percepire più faticose le attività domestiche e familiari: il 66,9% le definisce abbastanza faticose e il 9,3% molto faticose, per un totale che supera il 75% degli under 50 (fig. 3). Sono invece le classi più anziane quelle che sentono di meno la fatica del lavoro in casa, secondo percentuali prossime al 40%.