Se la diffusione dei media personali, la disintermediazione digitale, la biomedialità hanno cambiato il modo di rapportarsi alla realtà circostante, in base a quali modelli oggi si costruiscono le identità individuali e collettive?
La famiglia costituisce ancora di gran lunga il primo fattore di identificazione. Lo è per il 76,3% degli italiani e in misura maggiore per gli anziani (83,5%). L’essere italiano (39,9%) e il legame con il proprio territorio di origine (37,3%) si collocano a poca distanza l’uno dall’altro. Per chi ha una età compresa tra 30 e 44 anni, invece, il lavoro (39,1%) determina più identificazione sia della comunità locale che dell’identità nazionale. Segue poi la fede religiosa (17,2%) e le convinzioni politiche (11,8%). Solo dopo viene l’identità europea (10,9%). Ma per il 3,5% è il proprio profilo sui social network a determinarne l’identità, e questo dato sale al 9,1% tra i giovani under 30: uno su dieci (tabb. 5-6).
Per verificare l’influenza dell’uso dei media personali sui fattori di identificazione e sul senso di appartenenza ‒ cioè il rapporto tra media digitali e formazione delle identità personali ‒ è stato elaborato un indice rappresentativo della loro penetrazione, che risulta molto alto specialmente nella fascia di età 30-44 anni (56,9 su una scala 0-100), tra i più giovani (53,9) e tra i più istruiti (51,7), mentre risulta molto basso tra i più anziani (15,4).
In genere, nella costruzione dell’identità le convinzioni politiche vengono considerate più importanti da chi presenta un indice di integrazione con i media personali più elevato, come i soggetti più istruiti (13,1%) e i più giovani (12,1%). Inoltre, risulta che la maggiore esposizione ai social network spinge a confermare le opinioni che già si possiedono, piuttosto che a modificarle. Mentre sono ancora i mezzi generalisti a svolgere maggiormente la funzione di opinion maker.
Se poi si considerano le indicazioni relative alla comunità a cui si sente di appartenere, le differenze sulla base dell’esposizione ai media sembrano sfumare. Per il 69,0% degli italiani questa comunità è formata dalle persone che si frequentano abitualmente, con oscillazioni indipendenti dall’indice di utilizzo dei media personali. È vero che un 15% circa di quanti hanno dai 14 ai 44 anni considera come comunità di appartenenza l’insieme delle persone che frequentano tramite i social network. Ma più interessante è il dato relativo alla convinzione che l’appartenenza all’Unione europea sia penalizzante: in questo caso i valori più bassi si registrano tra i più giovani (34,9%) e tra i più istruiti (35,3%), specie rispetto ai più anziani (41,0%) e ai meno scolarizzati (47,3%). Ancora più basso è il valore relativo agli abitanti delle grandi città (30,4%), che presentano anche un più elevato utilizzo dei media personali rispetto agli altri.
Una conferma della maggiore influenza esercitata dai media tradizionali rispetto a quelli digitali nella formazione dell’opinione pubblica e nella costruzione dell’identità proviene dalle indicazioni fornite a proposito dei fattori che determinano le scelte politiche di ciascuno. Sono le persone meno istruite (7,6%) e i più anziani (7,3%) a dichiarare di essere influenzati da talk show televisivi e articoli di giornali, mentre gli abitanti delle grandi città seguono maggiormente i profili social dei politici (5,5%) (tab. 7).
I modi attraverso i quali si determinano i processi di costruzione dell’identità, dell’acquisizione del senso di appartenenza alla propria comunità, della formazione delle convinzioni politiche, della generazione di aspettative verso il futuro sono estremamente complessi e articolati. I mezzi di comunicazione svolgono un ruolo, insieme a tante altre variabili, all’interno di questi processi e i media digitali hanno un peso ancora più circoscritto. I media personali e i social network presentano una capacità superiore di creare mondi virtuali in grado di operare concretamente in quello reale, confondendo la capacità di distinguere tra gli uni e l’altro.