1. Ha più di 100 anni, ma non li dimostra

La radio è un fenomeno di massa che coinvolge 41 milioni di italiani, l’81,1% della popolazione con più di 18 anni che ne seguono la programmazione (fig. 1). Questo è il dato da cui partire, che racconta di un rapporto, quello tra gli italiani e il più longevo dei media, che è stato capace di rigenerarsi e di mantenere il suo valore con il trascorrere del tempo, grazie alla capacità della radio di saper cogliere i cambiamenti nei gusti e negli stili di vita che hanno attraversato la società italiana negli ultimi cento anni, ma anche grazie alla sua capacità di intrecciarsi nella modernità con tutti gli altri mezzi di comunicazione, di lanciarsi in televisione e sul web con contenuti video, di mantenere una forte relazionalità con la propria comunità.

Le prime trasmissioni radiofoniche, datate quasi cento anni fa, vedevano l’apparecchio radio come un moltiplicatore di relazionalità, dapprima negli spazi pubblici e poi, quando la radio è diventata un elettrodomestico di massa, al centro della vita familiare: le trasmissioni musicali, la propaganda del regime, le cronache sportive, le trasmissioni di intrattenimento sono gli ingredienti del palinsesto radio attorno al quale via via si sviluppa la relazionalità tra i membri della famiglia e si scandiscono i tempi domestici. Con l’avvento della televisione, la radio cede la sua funzione originaria e diventa espressione di libertà, portabilità, individualizzazione degli ascolti. Tutte funzioni che vengono esaltate dall’affermazione delle radio private, che spingono verso una ulteriore moltiplicazione dell’offerta diretta a quanti più pubblici possibili.

Oggi a vincere non è l’apparecchio radio ma la radio intesa come insieme di canali e contenuti che l’ascoltatore segue o seguirebbe anche su device diversi (in televisione, su pc, smartphone, smart speaker ecc.) costruendo un proprio, personale palinsesto fatto di ibridazione tra canali, programmi o pezzi di programmi, in diretta o on demand. La pensa così il 59,4% degli italiani, con percentuali che arrivano al 75,0% tra i più giovani e al 63,7% tra i laureati (fig. 2).

Diffusione della banda larga e moltiplicazione dei device nelle case e nelle mani degli italiani: sono questi gli ingredienti su cui si basa il cambiamento epocale nelle abitudini e negli stili di vita degli italiani, che si traduce, dal punto di vista dei contenuti audio e video, nel passaggio da un palinsesto unico ed uguale per tutti, alla possibilità di intervenire personalmente nella costruzione del proprio palinsesto, unico e diverso per ognuno, da parte di un numero sempre maggiore di individui. Un palinsesto che sempre più spesso prevede il passaggio e l’ibridazione tra dispositivi diversi, piattaforme diverse, programmi diversi in un viaggio soggettivo e irreversibile attraverso la multicanalità, reso possibile dall’evoluzione tecnologica.

Moltiplicare i device significa dunque anche moltiplicare e differenziare le possibilità e le modalità di fruire di contenuti di comunicazione, migrando tra uno schermo e l’altro, in visioni e ascolti che avvengono da soli, in compagnia, in casa, al lavoro, spesso in contemporanea su più schermi e più programmi. 

Così, se dal lato dell’offerta, radio e televisione si incontrano nella combinazione di contenuti audio e video, entrambe sbarcano sul web dando a qualsiasi schermo l’opportunità di mettere a disposizione trasmissioni, programmi, contenuti in diretta e on demand; sul lato della domanda le possibilità offerte dalle tecnologie permettono fruizioni orizzontali,  analogiche e digitali, di interi programmi o di parti di essi, in modo continuativo od erratico, in diretta e on demand, a casa e non. Non solo: l’utente diventa esso stesso produttore dei contenuti che segue, interagendo con i programmi, seguendo i profili social di programmi e conduttori, condividendo contenuti o parti di essi.

Questo vale soprattutto per la radio, che si è rivelata essere la più all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media, con una capacità di proporre attraverso la radiovisione  i suoi contenuti su tutti i vettori disponibili senza perdere la sua vocazione originaria.

Questo passaggio dal mezzo, riconoscibile per i suoi programmi e le sue trasmissioni specifiche, alla piattaforma di contenuti fruibili hic et nunc in ogni luogo e da ogni device, è ormai compiuto, e la stragrande maggioranza degli italiani ne è consapevole e si schiera a favore di questa trasformazione.

Infatti, il giudizio che danno gli italiani sulla possibilità di seguire programmi, contenuti, trasmissioni audio e video su device diversi e in luoghi diversi è plebiscitario e positivo nell’84,9% dei casi, con percentuali che raggiungono il 95,5% tra i millennials, il 94,8% tra gli imprenditori e i liberi professionisti, il 92,0% tra gli studenti (fig. 3). Residuali, e pari al 15,1% del totale sono quelli che pensano che ciascun programma audio o video dovrebbe essere pensato in funzione di uno specifico device. Si tratta per la maggior parte di individui che hanno più di 65 anni.

Del resto, l’89,1% degli italiani è convinto che la partita degli ascolti si vinca sul piano della qualità dei contenuti e dei programmi proposti e non su quello dei device che li ospitano, e l’86,9% pensa che la multicanalità non sia altro che la logica evoluzione dei cambiamenti intervenuti negli stili di vita e nelle modalità di consumo e di fruizione degli italiani (fig. 4).

Tutto questo vale anche per la radio, e il 71,8% degli italiani dichiara che ci sono dei contenuti radio che vuole poter seguire in qualsiasi momento della giornata e in ogni luogo, a prescindere dal device.

Certo, il 54,4% degli italiani è convinto che la multicanalità implichi una maggiore standardizzazione dei contenuti proposti, ed è proprio qui che si devono esercitare gli autori per intervenire sulla programmazione in modo da intercettare e catturare l’attenzione degli utenti multichannel. Senza contare che le nuove modalità di fruizione sembrano aver superato anche questo ostacolo nella possibilità di attraversare trasversalmente i diversi media per coglierne parti di programmazione e intervenire personalmente per costruire un proprio palinsesto.

Infine, rimane uno zoccolo duro rappresentato dal 28,9% degli italiani che pensa che i contenuti/programmi radio non si prestino ad essere seguiti su device diversi dall’apparecchio tradizionale.