Roma, 6 dicembre 2024 – I consumi in Italia: l’insostenibile leggerezza dei redditi. Nel 2023 i consumi delle famiglie hanno registrato una leggera crescita in termini reali, pari a +1,0% rispetto al 2022, e contribuivano per il 57,3% alla formazione del Pil. Secondo una indagine del Censis, il 45,7% delle famiglie dichiara consumi in aumento nel corso del 2024 rispetto all’anno precedente, per il 54,6% i risparmi sono diminuiti, il 36,3% si trova in una situazione analoga a quella dell’anno precedente, il restante 9,1% ha aumentato la quota del risparmio. Le disuguaglianze tra le famiglie sono evidenti. Il 79,5% delle famiglie con un basso livello socio-economico segnala una contrazione dei risparmi e solo l’1,4% ha visto un loro aumento, contro rispettivamente il 40,1% e il 16,7% delle famiglie a livello medio-alto.
La digitalizzazione dell’agricoltura: un altro esempio del divario tra Nord e Sud. In Italia ci sono più di un milione di aziende agricole (1.130.513), di cui il 58,5% localizzato nel Mezzogiorno (661.210), il 9,6% (108.727) nel Nord-Ovest, il 16,3% (184.727) nel Nord-Est e il 15,6% (176.087) nelle regioni del Centro. Il fatturato del settore agricolo è pari a 59 miliardi di euro, ma la distribuzione non rispecchia la ripartizione territoriale del numero delle aziende agricole: solo il 35,8% viene realizzato nel Mezzogiorno, il 21,5% nel Nord-Ovest, il 27,8% nel Nord-Est e il 15,0% nel Centro. Le aziende del Nord-Ovest come nel Nord-Est fatturano in media cifre maggiori (rispettivamente, 117.717 e 89.718 euro all’anno) rispetto al Centro e al Mezzogiorno (rispettivamente, 50.753 e 32.288 euro). Il divario tra le aree centro-settentrionali e il Sud è ancora più marcato con riferimento alla diffusione del digitale. Delle 178.973 aziende agricole che si sono digitalizzate, più di un terzo (il 34,8%) ha sede nel Nord-Est, un quinto (il 20,7%) nel Nord-Ovest, il 16,0% nel Centro e il 28,5% nel Mezzogiorno. Nonostante al Sud si concentri più della metà delle imprese agricole italiane, la quota di quelle digitalizzate è residuale, essendo pari ad appena il 7,7% del totale, rispetto al 34,1% del Nord-Ovest e al 33,7% del Nord-Est. Tra le aziende agricole gestite da imprenditori under 40 il tasso di digitalizzazione risulta significativamente più elevato: delle 104.885 aziende condotte da titolari giovani, 35.217 (pari al 33,6% del totale) hanno introdotto soluzioni digitali nei processi produttivi.
Ritornare a crescere: il ruolo della regolamentazione dei mercati e degli investimenti esteri. Le stime dell’Ocse riportano per il 2024 e il 2025 una crescita del Pil a livello mondiale del 3,2%. Per l’Italia i flussi in entrata degli investimenti esteri hanno superato di poco gli 8 miliardi di euro nel primo semestre di quest’anno, ma nello stesso periodo dell’anno precedente il valore era quasi tre volte superiore (21,8 miliardi). I flussi in uscita sono stati pari a 11,3 miliardi e hanno determinato un saldo negativo di poco inferiore a 3 miliardi, evidenziando una debolezza del Paese nella capacità di sfruttare la leva degli investimenti esteri per rafforzare il sistema produttivo.
Interprete del cambiamento: la filiera della moda. La moda in Italia vale 110 miliardi di euro, un importo pari al 5,3% se rapportato al Pil. Il fatturato del settore è aumentato del 14% in un decennio. Il numero di occupati è però diminuito da 507.000 unità nel 2013 a 476.000 nel 2021 a causa della sequenza delle crisi. Nel 2023 il trend negativo si è interrotto dopo 8 anni, con una espansione di circa 23.000 addetti (499.000 in totale), malgrado non si siano raggiunti i livelli pre-pandemia (511.000 addetti). La filiera si compone di oltre 80.000 realtà imprenditoriali, principalmente piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, che preservano tecniche artigianali tradizionali e sfruttano l’innovazione tecnologica. Prato è il più grande distretto industriale italiano, con 6.579 unità organizzative. Firenze si distingue nella fabbricazione di articoli in pelle (3.365 su 5.926 unità locali). Napoli conta 5.754 unità produttive, con eccellenze nella sartoria maschile di alta qualità. Milano (4.638 unità) è la capitale della moda italiana, ospitando importanti atelier ed eventi.
Il modello sociale e produttivo della Brianza. Nella provincia di Monza e Brianza si registra tra il 2014 e il 2024 un incremento della popolazione del 2,3%, in controtendenza rispetto alla media nazionale. Determinante è stato il contributo della componente straniera, aumentata nel decennio di oltre 16 punti percentuali, più dell’incremento di stranieri riscontrato in tutto il Nord-Ovest (+7,9%), in Lombardia (+9,3%) e in Italia nel complesso (+10,9%). Nella provincia i cittadini nati all’estero sono aumentati nel decennio del 43,3%, circa 18.000 in più, portando questa componente a circa 93.000 persone, mentre i cittadini nati in Italia sono diminuiti di circa 10.000 unità. Nel 2023 il tasso di occupazione della provincia è superiore di 10 punti rispetto al dato medio nazionale (rispettivamente, 71,3% e 61,5%). Il tasso di occupazione femminile è pari al 66,8% contro il dato medio nazionale fermo al 52,5%. Il modello Brianza poggia su una solida base imprenditoriale e su una tradizione manifatturiera. Sono 1.168 le imprese attive nel settore dei mobili e rappresentano da sole il 7,5% del totale delle imprese italiane del settore.
6 Dicembre 2024