Comunicati Stampa

Il capitolo «Lavoro, professionalità, rappresentanze» del 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2024

Roma, 6 dicembre 2024 – Il miglior posto dove lavorare. Nell’industria, dopo i picchi toccati nel quarto trimestre del 2023, quando il tasso dei posti vacanti ha toccato il 2,4%, il dato si è riportato intorno al 2,0% nel primo semestre di quest’anno. Anche nel terziario la pressione della domanda di lavoro è stata particolarmente alta nella seconda parte del 2022 e nella prima parte del 2023, con un tasso di posti vacanti del 2,3%, mentre ora si attesta intorno al 2,0%. La ricerca del miglior posto dove lavorare ha assunto una dimensione diffusa che ha costretto una parte delle imprese a una serrata competizione nelle modalità di attrazione e costruzione dei nuovi rapporti di lavoro, con un ritorno di centralità del ruolo dei responsabili delle risorse umane, divenuti in breve tempo esperti di benefit, organizzatori di smart working, promotori di strategie di diversity & inclusion.

Nuovi segnali per l’occupazione dei giovani. La forte spinta occupazionale dell’ultimo triennio è ben visibile nei dati sugli occupati nella fascia d’età 15-29 anni, che raggiungono la soglia dei 3 milioni (+206.000 dal 2019), di cui circa 1,8 milioni maschi e 1,2 milioni femmine. Il primo semestre del 2024 mostra un ulteriore aumento dello 0,4% dei giovani occupati. Di riflesso, il tasso di disoccupazione giovanile si è ridotto al 16,7% nel 2023 (5,6 punti in meno rispetto al 2019). Secondo i dati più recenti del 2024 il tasso di disoccupazione giovanile è sceso al 15,4%. Si osserva anche una contrazione del numero dei Neet under 30: 1.405.000 nel 2023, il 28,3% in meno rispetto al 2019. Secondo le stime del Censis, il costo derivante dal loro mancato inserimento nel lavoro si quantificava nel 2023 in 15,7 miliardi di euro.

Le sfide di un sistema fragile: il lavoro domestico. Nel 2024 il settore del lavoro domestico ha subito una crisi significativa, con una perdita di circa 140.000 posti di lavoro regolari negli ultimi due anni. Si era scesi dai 921.903 lavoratori regolari del 2014 agli 860.818 del 2019. Con la pandemia c’è stato un aumento a 950.565 lavoratori nel 2020, per poi tornare a scendere a 833.874 nel 2023. Questa contrazione è stata accompagnata da un aumento dell’occupazione irregolare, causato principalmente dall’insostenibile incremento dei costi a carico delle famiglie. Un aspetto significativo riguarda la composizione della forza lavoro. Dal 2014 al 2020 il numero di lavoratori italiani è cresciuto, passando da 216.130 a 295.300, per poi stabilizzarsi a 259.689 nel 2023. Nello stesso periodo i lavoratori stranieri sono diminuiti, passando da 705.773 nel 2014 a 574.185 nel 2023, dopo aver raggiunto un picco di 655.265 nel 2020. La maggior parte dei lavoratori stranieri si concentra nel Nord e nel Centro Italia, mentre nel Sud e nelle isole prevalgono i lavoratori italiani (circa 99.000 contro 82.000 stranieri). Secondo una indagine del Censis, l’80,0% delle famiglie che hanno usufruito del click day previsto dal «decreto flussi» per il settore domestico ha giudicato insufficienti le 9.500 quote disponibili, il 36,7% ha segnalato tempi di attesa troppo lunghi, il 26,7% ha lamentato problemi tecnici sul portale del Ministero dell’Interno e il 16,7% ha giudicato la procedura troppo complessa. Solo il 4,8% delle famiglie ha ritenuto efficace la procedura, mentre il 71,7% ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’iniziativa.

Disparità di genere e differenze retributive nel mercato del lavoro. Nel 2024 l’Italia ha perso 8 posizioni nel Global Gender Gap Index del World Economic Forum, classificandosi all’87° posto. Questo arretramento mette in evidenza le persistenti disuguaglianze di genere, in particolare nel mondo del lavoro, dove il gender pay gap continua a rappresentare un problema significativo. Secondo i dati dell’Inps relativi al 2022, le donne nel settore privato guadagnano in media il 30,2% in meno rispetto agli uomini, con variazioni significative a seconda delle qualifiche. Il divario salariale raggiunge il 40,5% tra gli operai, il 33,7% tra gli impiegati e rimane rilevante tra i dirigenti, sebbene si riduca al 23,2%. Anche tra gli apprendisti, con un gap del 14,8%, emerge chiaramente come le disuguaglianze di genere si manifestino fin dalle prime fasi della carriera. Un recente studio del Censis sull’avvocatura italiana ha rivelato che il reddito medio degli uomini supera di oltre il doppio quello delle donne, con una differenza di circa 30.580 euro all’anno.

Ia generativa e lavoro: miglioramento o rischio? Una indagine del Censis realizzata nel mese di settembre del 2024 mostra che attualmente quasi un quarto dei lavoratori italiani utilizza nelle sue diverse forme l’Ia nelle proprie mansioni lavorative: il 27,7% per la stesura di report, il 24,6% per l’invio di messaggi, il 23,3% per la scrittura di e-mail di lavoro, il 18,5% per creare curriculum e lettere di presentazione. L’Ia viene utilizzata maggiormente dalle generazioni più giovani: il 35,8% nella fascia 18-34 anni per la stesura di report, il 27,8% per scrivere e-mail. I dati raccolti nel 2024 dalla Cassa Forense e dal Censis indicano che il 47,4% degli avvocati considera l’Ia un ottimo strumento per le ricerche legali, ma non in grado di sostituire il professionista. L’11,3% ne sottolinea l’utilità nella gestione dei grandi volumi di dati. Tuttavia, il 23,7% esprime la preoccupazione che i clienti possano utilizzare direttamente l’Ia senza il supporto di un avvocato, mentre l’8,4% vede rischi occupazionali e di sicurezza informatica legati a furti e manomissioni di dati.

6 Dicembre 2024