Roma, 6 dicembre 2013 – La corsa a spendere i fondi comunitari, tra rischi di disimpegno e perdita di visione. Il Piano di Azione per la Coesione ha prodotto significativi risultati in termini di avanzamento finanziario dei programmi operativi. Al 31 dicembre 2012 la spesa totale certificata ammontava a 18,3 miliardi di euro, comprensivi del cofinanziamento nazionale, di cui ben 9,2 miliardi spesi nel solo 2012 (più di quanto si era speso nei precedenti 58 mesi). Si è al termine della programmazione ma, seppure ci siano tecnicamente ancora due anni a disposizione per spendere i fondi, al 31 ottobre 2013 la spesa certificata si ferma al 47,5% del budget a disposizione. E risulta evidente una forte disgregazione di risorse comunitarie disperse in un agglomerato di microinterventi (si sfiora l’80%) che non superano i 150.000 euro di costi rendicontabili.
La lenta ascesa delle donne nelle Camere di commercio. La presenza femminile nella Pubblica Amministrazione è maggioritaria, attestandosi al 55% del totale degli occupati. Un dato in linea con una tendenza comune in Europa: 65% nel Regno Unito, 60% in Francia, 54% in Germania. Ma le scarse posizioni di vertice occupate dalle donne negli enti e il differenziale retributivo ci dicono che anche nella Pubblica Amministrazione c’è ancora molto da fare per colmare il gap tra uomini e donne. Secondo una ricerca del Censis, nei Consigli delle Camere di commercio, ad esempio, siedono 280 donne su 2.754 consiglieri: solo il 10,2%. E nelle Giunte camerali le donne sono 54 su 830 membri (il 6,5%). Su 100 vicepresidenti le donne sono solamente 3 e nessuna ricopre il ruolo di Presidente sui 103 in carica.
Più trasparenza per arginare la corruzione. L’indice di Transparency International misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico a livello globale, e posiziona l’Italia al 72° posto nel mondo (su 174 Paesi): siamo in fondo alla classifica europea, davanti alle sole Bulgaria e Grecia. Secondo la Banca mondiale, ogni anno vengono pagati più di 1.000 miliardi di dollari in tangenti nel mondo e va sprecato, a causa della corruzione, circa il 3% del Pil. Applicando questa percentuale all’Italia, si arriva ad una cifra intorno ai 50-60 miliardi di euro l’anno: una vera e propria tassa immorale e occulta che pesa per mille euro su ciascun cittadino italiano, neonati compresi.
Il perimetro «mobile» delle amministrazioni pubbliche. Il numero delle istituzioni ha subito, attraverso accorpamenti, soppressioni, modifiche della natura giuridica e razionalizzazioni, una riduzione di oltre 3.000 unità, passando da 15.580 nel 2001 a 12.183 alla fine del 2011. Sul piano occupazionale ciò ha comportato una riduzione del numero degli addetti di oltre 368.000 unità, pari all’11% in meno nei dieci anni. Più esposti all’impatto della razionalizzazione risultano, da un lato, il comparto del Servizio sanitario nazionale e quello delle Regioni. Nel primo caso le aziende e gli enti subiscono una riduzione pari a 75 unità su 321 di inizio periodo, mentre gli addetti si riducono del 2,9%, pari a circa 20.000 unità in meno. Nel secondo caso, fermo restando il numero delle istituzioni, si è invece verificato un calo degli addetti di oltre 6.000 unità, con una variazione negativa in termini percentuali pari all’8,6%. Ma è fra le «altre istituzioni pubbliche» – dove ricadono le Camere di commercio, gli Ordini e i Collegi professionali, le università pubbliche e gli enti di ricerca – che si osservano le modifiche più rilevanti. L’area, sempre nell’arco del decennio analizzato, risulta dimezzata e il numero degli addetti subisce un calo del 24,8%. In termini assoluti si è prodotto un calo di oltre 90.000 unità di personale, mentre le istituzioni sono passate dalle oltre 6.600 a circa 3.500 (-53,1%).
6 Dicembre 2013