Roma, 6 dicembre 2013 – Immigrazione fenomeno globale. Nel 2013 sono circa 232 milioni gli individui che nel mondo si spostano alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro, pari al 3,2% della popolazione mondiale. Poco meno del 60% dei migranti (oltre 135 milioni) si è stabilito nei Paesi più sviluppati. In Europa è confluita la quota più consistente di stranieri, circa 72 milioni, pari al 31,3% del totale, per un’incidenza del 9,8% sulla popolazione. Un segmento particolare dell’universo migrante è dato da coloro che sono costretti a fuggire dal proprio Paese perché vittime di persecuzioni, guerre o crisi umanitarie: si tratta di una porzione pari al 6,8% del totale, per un insieme di 15,7 milioni di rifugiati. Circa 9 rifugiati su 10 (13.667.000) hanno trovato asilo nei Paesi in via di sviluppo più vicini e più facilmente raggiungibili, mentre il 10% circa (1.534.415) si trova in Europa, che però è la regione del mondo nella quale si è registrato l’aumento più sensibile dal 1990 a oggi (+16,3%). Una crescita che ha interessato anche l’ultimo anno, se si considera che in Europa le domande di asilo sono passate dalle 327.000 del 2011 alle 355.000 del 2012, 296.000 delle quali sono state inoltrare nei Paesi dell’Unione europea, con una crescita del 7% rispetto all’anno precedente. Il nostro Paese, quale ultima frontiera nel Mediterraneo, svolge un ruolo sempre più di primo piano, non fosse altro che per le tragedie del mare alle quali sempre più spesso assistiamo impotenti. Nei primi otto mesi del 2013 oltre 21.000 persone sono sbarcate sulle nostre coste (erano state poco più di 13.000 in tutto il 2012). In Italia i rifugiati sono oltre 58.000. Dal 1990 al 2012 si sono registrate oltre 340.000 domande di asilo e negli ultimi anni quasi 178.000. Negli anni è gradualmente cresciuto il numero di migranti cui è stato riconosciuto il più ambito status di rifugiato, passati dai 954 del 2003 agli oltre 2.000 degli ultimi cinque anni. Accanto a questi sono più numerosi quelli che hanno ricevuto concessioni di protezione sussidiaria o per motivi umanitari, che dal 2003 sono quasi 77.000.
Stiamo diventando razzisti? Colpisce la scarsa diffusione di sentimenti positivi verso gli immigrati: appena il 17,2% degli italiani afferma di provare comprensione e di avere un approccio amichevole nei loro confronti; quattro italiani su cinque si dividono invece tra diffidenza (60,1%), indifferenza (15,8%) e aperta ostilità (6,9%); mentre due italiani su tre (il 65,2%) pensano che gli immigrati in Italia siano troppi. Oltre la metà della popolazione (il 55,3%), poi, ritiene che, nell’attribuzione degli alloggi popolari, a parità di requisiti, gli italiani dovrebbero essere inseriti in graduatoria prima degli immigrati, ed è circa la metà (48,7%) a pensare che sia giusto, in condizioni di scarsità di lavoro, dare la precedenza agli italiani anche nelle assunzioni.
La fragilità nel futuro delle seconde generazioni. I percorsi scolastici degli appartenenti alle cosiddette seconde generazioni sono meno lineari rispetto a quelli dei propri compagni di classe italiani. La percentuale di ripetenti al primo anno della scuola media inferiore è del 10,2% tra gli stranieri e del 4,1% tra gli italiani; mentre in prima superiore ad essere bocciato è il 12,2% degli stranieri e l’8,6% degli italiani. Le famiglie con un componente straniero vivono più frequentemente la difficoltà a far fronte a spese per l’istruzione (l’8,2% delle famiglie con almeno uno straniero contro il 4% delle famiglie italiane). Coloro i quali riescono a inserirsi nel mondo del lavoro, poi, lo fanno ricoprendo principalmente professioni di bassa qualifica. L’80% dei 133.219 dipendenti stranieri di età compresa tra i 15 e i 24 anni ricopre professioni operaie, a fronte del 9,9% di impiegati e di una quota simile di apprendisti. Per la componente italiana, invece, l’attività impiegatizia riguarda il 34,5% dei giovani lavoratori, mentre la quota di operai è del 54,2%.
Da badanti a badati. Gli immigrati di età superiore ai 64 anni rappresentano una componente del tutto residuale della popolazione: nel 2011 erano 86.707. Malgrado siano cresciuti del 91% negli ultimi otto anni, essi rappresentano solo lo 0,7% del totale degli anziani che vivono in Italia e il 2,3% del totale degli stranieri. Ma lo scenario è destinato a cambiare: nel 2020 gli anziani saranno circa 315.000 e rappresenteranno il 4,4% della popolazione straniera, nel 2040 saranno oltre un milione e mezzo e rappresenteranno il 13,7% degli stranieri e intorno al 2065 si avvicineranno ai 3 milioni, rappresentando il 22,7% del totale degli stranieri e il 16,1% degli anziani residenti in Italia. Nonostante oggi i numeri siano poco significativi, gli immigrati cominciano a comparire come beneficiari di titoli assistenziali e previdenziali. Attualmente gli anziani sono il 2,2% del totale dei migranti che fanno richiesta di prestazioni sociali agevolate presentando l’autocertificazione Isee; ma la crescita nell’ultimo anno è stata dell’11,5% per i 65-74enni stranieri e del 7,7% per gli individui con più di 74 anni di età. Se poi si guarda ai titoli previdenziali, le pensioni Ivs (invalidità, vecchiaia e superstiti) erogate dall’Inps a extracomunitari nel 2012 sono state 29.819, pari allo 0,2% del totale delle pensioni di questo tipo. Anche in questo caso si tratta di un dato residuale, che però è cresciuto del 31,8% negli ultimi due anni. Le pensioni di vecchiaia sono passate dalle 8.955 del 2010 alle 12.038 del 2012, con una crescita del 34,4% negli ultimi due anni. Per quanto riguarda, poi, le pensioni assistenziali, che nel caso degli extracomunitari hanno per il 60% dei casi come beneficiari persone anziane, quelle erogate nel 2012 sono state 38.021, con una crescita del 30,8% nell’ultimo biennio.
Vecchie e nuove forme di illegalità nel settore dei tabacchi. I dati relativi ai sequestri effettuati da Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane testimoniano una ripresa negli ultimi anni, complice la crisi, del traffico di tabacchi illeciti. Nel 2012 le Fiamme gialle hanno sequestrato oltre 294 tonnellate di tabacchi lavorati esteri, con un valore che cresce del 22,6% rispetto all’anno precedente. Le cosiddette «cheap white», sigarette prodotte legalmente in Paesi extraeuropei, ma che non sono conformi ai parametri minimi stabiliti in sede comunitaria e sono presenti esclusivamente sul mercato nero, rappresentano il 75,5% del totale delle sigarette sequestrate nei primi sette mesi del 2013. L’Agenzia delle Dogane nel 2012 registra oltre 10 tonnellate di tabacco sfuso di contrabbando sequestrato e il più alto quantitativo di sigarette di contrabbando sequestrate negli ultimi cinque anni, pari a oltre 12 milioni di pacchetti, con una crescita rispetto al 2008 del 167,6%.
6 Dicembre 2013