La ricerca ha preso in considerazione anche le concrete conseguenze provocate dalla malattia sulle carriere lavorative e sui percorsi di studio dei pazienti: quasi il 28% del campione (il 26% degli uomini e il 28,4% delle donne e, soprattutto, il 38,1% dei cronici) segnala come l’emicrania abbia costituito un elemento concretamente in grado di incidere sulla propria attività professionale, limitandone fortemente gli spazi, con ricadute che ledono l’affermazione personale e, quindi, anche l’equilibrio reddituale e psicologico dei malati. Le conseguenze appaiono articolate, e la più frequente è la riduzione parziale del lavoro svolto che riguarda un terzo di coloro che hanno accusato un impatto sulla vita lavorativa, mentre il 18,7% è stato costretto a lasciare il lavoro prima di poter andare in pensione.
L’insorgenza della malattia in giovane età rischia di compromettere il percorso di studio di coloro che ne sono affetti, un’esperienza vissuta dal 18% degli intervistati. Le ripercussioni della patologia hanno provocato una vasta gamma di conseguenze, tra le più segnalate: il conseguimento di un titolo di studio inferiore rispetto alle proprie aspirazioni (42,1%), la revisione del cursus studiorum (14,9%) e l’accumulo di ritardo nell’ottenimento del titolo desiderato (16,5%). Più grave, infine, quanto vissuto dal 22,3% che ha interrotto tout court gli studi.