La terapia
Gli assistiti dei caregiver intervistati vengono curati nella loro totalità con terapie farmacologiche: il 66,5% mediante antipsicotici per via orale e il 50,0% circa per via iniettiva a rilascio prolungato, di cui il 30,5% con farmaci di II generazione (antipsicotici atipici, LAI – Long-Acting Injectable) e nel 20,7% da farmaci di I generazione (antipsicotici tipici, depot). Nel 28,7% dei casi alla terapia farmacologica viene associata la riabilitazione psicoterapica (tab. 12).
La terapia attuale rappresenta il punto di arrivo di un percorso a più tappe. Il 64,8% dei caregiver intervistati, infatti, dichiara che prima del trattamento attuale il proprio assistito seguiva altri protocolli di cura, per un numero medio di 3,5 trattamenti per paziente. Al contrario, nel 25,2% dei casi gli intervistati riferiscono di non avere registrato alcuna modifica rispetto al piano terapeutico inizialmente prescritto al proprio malato. Oltre il 70% degli intervistati dichiara che i propri malati assumono farmaci unicamente per curare la schizofrenia (il 53,2% non prende altri farmaci, il 22,1% assume medicine diverse dagli antipsicotici, ma esclusivamente per curare la schizofrenia); il 27,9% risulta essere affetto, invece, da altri disturbi per i quali si sta sottoponendo a terapia farmacologica.
L’accesso alle cure psicoterapiche
Il trattamento della schizofrenia ha richiesto per oltre il 50% degli assistiti dei caregiver intervistati la partecipazione a sedute di psicoterapia: nel 22,8% dei casi la terapia risulta terminata, mentre nel 32,4% delle situazioni è attualmente ancora in corso ed è svolta prevalentemente nel pubblico.
Il ruolo del caregiver: coinvolto nei trattamenti e garante della compliance
I caregiver offrono sostegno al malato nel rapporto con il medico curante e risultano largamente coinvolti nella scelta dei trattamenti da somministrare ai propri assistiti: il 41,2% lo è sempre e il 16,9% lo è spesso. Un interesse più sporadico è patrimonio del 27,5% dei rispondenti, mentre il 14,4% dei caregiver segnala di non essere mai convolto nella scelta dei trattamenti del malato che assiste. Sebbene il 43,6% dei caregiver indichi come il proprio assistito si attenga scrupolosamente alle indicazioni terapeutiche ricevute, il 43,0% del campione è di diverso parere e sperimenta tale criticità. Il 21,2% sottolinea come il paziente aderisca la maggior parte delle volte alla terapia, mentre il 21,8% denuncia come la mancata compliance sia più frequente e l’assunzione di farmaci avvenga non sempre. Molti si premurano di stimolare gli assistiti alla corretta e regolare assunzione dei farmaci: il 34,6% dei caregiver ricorda ogni giorno ai malati la necessità di prendere i farmaci, il 9,2% lo fa con cadenza settimanale e il 7,2% mensile. Il 24,8%, al contrario, esprime tali raccomandazioni raramente e il 20,9% mai.
Le conseguenze della mancata adesione, anche saltuaria, alla terapia farmacologica possono essere di grande impatto sul percorso di cura dei pazienti, favorendo potenziali occasioni di ricaduta. La mancata assunzione di farmaci per dimenticanza o per volontà dell’assistito ha, infatti, provocato:
- per il 58,2% dei caregiver il peggioramento dei sintomi;
- per il 28,4% una ricaduta che ha richiesto un ricovero ospedaliero);
- per il 13,4% una ricaduta senza ricovero ospedaliero.
Invece, il 17,9% dei caregiver non registra effetti per i loro assistiti di una mancata aderenza alla terapia farmacologica o misura un miglioramento nel loro stato di salute.
Il ricorso al ricovero nell’ultimo anno
Il 23,9% dei caregiver intervistati conferma la possibilità di ricadute e testimonia come l’assistito abbia avuto bisogno di almeno un ricovero ospedaliero nell’ultimo anno a causa della riacutizzazione della schizofrenia. In relazione alle caratteristiche del ricovero: il 75,8% dei caregiver indica che si è trattato di un unico episodio, per una degenza media complessiva nell’ultimo anno pari a 19,9 giorni. La distribuzione dei ricoveri secondo le giornate di degenza vede il 9,7% avere avuto una durata compresa tra 1 e 7 giorni, il 51,6% tra 8 e 15 giorni, il 25,8% tra 16 e 30 giorni e il 12,9% oltre i 30 giorni.
Le motivazioni principali del ricorso all’ospedale sono riconducibili nel 25,8% dei casi a una ricaduta provocata dalla mancata assunzione dei farmaci da parte del paziente, mentre le altre indicazioni chiamano in causa ulteriori fattori:
- il 22,6% individua come motivo del ricovero l’inefficacia dei farmaci prescritti;
- il 9,7% imputa il ricovero al mancato o troppo frequente controllo e messa a punto della terapia;
- il 3,2% fa derivare il ricovero all’impossibilità/difficoltà del paziente di accedere alle sedute di psicoterapia.
Vi è poi una rilevante quota di rispondenti che non risulta in grado di stabilire i motivi del ricovero del proprio assistito (29,0%).