La dimensione assistenziale

La gestione dell’assistenza è quasi interamente affidata al circuito familiare e caratterizzata da una stretta collaborazione, anche intergenerazionale, all’interno dei nuclei. Il ricorso al personale esterno, infatti, è limitato a poco meno dell’8,0% dei casi (tab. 13).

L’impegno richiesto risulta particolarmente gravoso e si divide tra ore dedicate all’assistenza e alla sorveglianza4 del paziente. Si tratta di uno sforzo che si estende lungo tutto l’arco della giornata, durante la quale il caregiver si divide tra attività di supporto diretto (in media i caregiver dedicano a queste funzioni 12,26 ore della giornata) e compiti di compagnia e controllo (12,83 ore in media).

Le sollecitazioni di carattere emotivo e la fatica fisica prodotta dagli sforzi richiesti dall’attività di assistenza del malato determinano ricadute in prima battuta sullo stato psicofisico dei caregiver, così come ampiamente testimoniato dagli intervistati. Le valutazioni sulle conseguenze negative sulla propria salute prodotte dallo svolgimento di compiti assistenziali aiutano a evidenziare la criticità della situazione: il 18,0% valuta l’impatto molto forte, il 18,8% forte, mentre il 33,6% moderato.

Le conseguenze prodotte sulla salute dei caregiver dai compiti di assistenza aiutano a quantificare la dimensione concreta dello sconvolgimento provocato dal sopraggiungere in famiglia della patologia:

- il 63,0% si sente fisicamente stanco;

- il 43,5% non dorme a sufficienza;

- il 23,2% è dovuto ricorrere a supporto psicologico;

- il 18,8% soffre di depressione;

- il 18,8% ha subito una sensibile variazione di peso;

- il 12,3% ha cominciato ad assumere farmaci;

- il 10,9% si ammala più spesso;

- il 3,6% è dovuto ricorrere a un ricovero ospedaliero.

Le implicazioni sono molteplici, a partire dal complicato incastro tra la funzione assistenziale, flessibile e non programmabile, e i doveri lavorativi, rigidi e spesso non negoziabili. Complessivamente è il 27,6% dei caregiver ad avere sperimentato nell’ultimo anno la necessità di assentarsi dal lavoro per riuscire ad adempiere ai compiti di assistenza richiesti dal malato, per un numero medio di ore perse pari a 28,5. Il 37,8% dei caregiver indica infatti che il sopraggiungere della malattia del proprio caro abbia modificato alcuni aspetti della vita lavorativa, con un impatto che per molti si è tradotto concretamente nell’abbassamento del proprio livello reddituale. Il 24,5% di quanti indicano di aver subito modifiche specifica di avere accelerato la fuoriuscita dal lavoro andando in pensione, mentre conseguenze più drammatiche hanno interessato il 3,8% degli intervistati che hanno perso il lavoro a causa della malattia. Il 3,8% ha invece cambiato lavoro, mentre il 15,1% ha rinunciato alla ricerca di un lavoro e si è dedicato interamente all’assistenza del familiare. Tra quanti, infine, hanno mantenuto la propria occupazione, il 17,0% ha riscontrato problemi con il datore/superiore/colleghi a causa delle ripetute assenze, il 13,2% ha cambiato attività all’interno dello stesso posto di lavoro, il 7,5% ha richiesto il part-time e il 7,5% ha visto ridurre la propria retribuzione.